Agcom e Netflix. Fatti che ci interrogano
È il caso di tornare su due fatti importanti, accaduti nelle settimane scorse: uno in Italia, l’altro negli Usa. Due fatti che possono condizionare il futuro del settore, a breve e a medio termine. Partiamo dal primo: deciso a fine giugno ma pubblicato solo a fine settembre (poi uno si lamenta dei tempi della burocrazia nel nostro Paese…), è arrivato il verdetto del Tar del Lazio su un ricorso di alcune associazioni di consumatori contro il regolamento Agcom. Un giudizio che ha ottenuto il plauso sia dei ricorrenti che della stessa Agcom: in effetti, nel suo “politichese” si presta a svariate interpretazioni. Il Tar non stabilisce nulla ma rinvia alla Corte Costituzionale cui chiede di pronunciarsi circa la «legittimità costituzionale» del regolamento Agcom. Ma al di là dei bizantinismi, con un linguaggio come sempre un po’ oscuro, il Tar accenna a una possibile «violazione dei principi di riserva di legge e di tutela giurisdizionale in relazione all’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero e di iniziativa economica», nonché alla «violazione dei criteri di ragionevolezza e proporzionalità nell’esercizio della discrezionalità legislativa e per la violazione del principio del giudice naturale, in relazione alla mancata previsione di garanzie e di tutele giurisdizionali per l’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero sulla rete almeno equivalenti a quelle sancite per la stampa». Non si decide, ma nemmeno si esclude insomma un danno alla libertà di pensiero con un provvedimento che invece all’estero ci viene invidiato e ha suscitato la rara ammirazione internazionale, MPAA compresa (come si legge nella nostra intervista al suo presidente, il senatore Christopher Dodd). Agcom pare tranquilla (e così Fapav e Confindustria Cultura Italia, mentre l’Anica non si è fatta sentire), ma sostenere come ha fatto l’Autorità garante delle Comunicazioni che il Tar non ha messo in dubbio «la legittimità del provvedimento» e quindi il suo operato ma solo «la legittimità della legge dalla quale il provvedimento è originato» ci sembra una comprensibile ma insoddisfacente sdrammatizzazione di un pericolo incombente su uno strumento prezioso (ancorché non sufficiente) per la lotta alla pirateria. Se saltasse, poveri noi. Il mondo del cinema e dell’audiovisivo ne è consapevole? Il silenzio quasi generale è stato inquietante, se paragonato agli strepiti che arrivavano in passato per molto meno, come la battuta di un ministro. Questa vicenda rischia di essere ben peggio… Speriamo che la Corte Costituzionale esamini la materia con scrupolo, ma forse un po’ di moral suasion – anche con i Ministeri interessati – le associazioni di categoria la dovrebbero fare. Ci auguriamo che il silenzio sia segno di una delicata ma decisa manovra di lobby, a fari spenti, e non di impaurito spiazzamento. Di tutt’altro tipo, ma sempre una notizia che può iniziare a cambiare il mondo audiovisivo è l’accordo tra Netflix e Harvey Weinstein, con il beneplacito di Imax, per uscire day and date con il sequel del film La tigre e il dragone sugli schermi Imax e in streaming on demand per gli abbonati di Netflix. Non sappiamo come finirà l’esperimento (i principali circuiti di sale nordamericane hanno promesso il boicottaggio del film), ma è certo che Netflix – che ha anche annunciato i primi film prodotti, solo per il web, con l’attore Adam Sandler – è un caterpillar che non rinuncerà a “stressare” le window. E con lei è prevedibile che presto si muoveranno altri colossi delle telecomunicazioni (Amazon? Google?). Per un po’ li si potrà arginare, ma fino a quando? Non ha più senso, a livello internazionale, incominciare a riflettere su finestre più adeguate a un mercato cambiato, prima che saltino del tutto? In Italia siamo la periferia del sistema: difficile che le cose si possano decidere davvero qui, su questi macro fenomeni; più probabile che, prima o poi, dovremo accettare quello che si deciderà a Hollywood (come avvenne per la rivoluzione digitale), che vede nelle nuove tecnologie la possibilità di massimizzare i suoi ricavi. Ma un po’ di consapevolezza che il mondo cambia alla velocità della luce e che le vecchie regole rischiano di non proteggere nessuno e di danneggiare tutti, è forse lecito chiederla all’intero settore.
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