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i fronte al rinnovato, ma ancora incredibile successo del nuovo film di Checco Zalone le reazioni sono state – come spesso accade con certi fenomeni – molto estreme. C’è chi ha gridato al ritorno di un passato che non può tornare e c’è chi si è scandalizzato; o ha invitato a non farsi travolgere dall’entusiasmo. È fin troppo evidente che un caso così particolare non fa statistica e nemmeno trend. Un po’ come James Cameron: sono gli unici, oggi, a far saltare il banco, con incassi fuori scala. Ma questo non significa che non ci si debba congratulare con chi ha portato un fiume di soldi nelle casse di cinema, grandi e piccoli, che ne avevano un gran bisogno. A Checco Zalone e al suo regista Gennaro Nunziante – artigiani della risata tanto modesti quanto acuti – molti esercenti farebbero un monumento. Ma se Sole a catinelle è un fenomeno a sé stante, dal suo successo qualcosa si può imparare. Chi ha realizzato i tre film del comico pugliese (100 milioni di incasso in totale: chi lo avrebbe mai detto?) ci ha creduto fino in fondo: ci ha creduto il produttore, Pietro Valsecchi, che ha scoperto (grazie al figlio adolescente, come è noto) il mitico Checco; ci hanno creduto il regista e il protagonista, tanto da fermarsi per un anno in cerca di un’idea forte; ci ha creduto il distributore, Medusa, finalmente tornata ai livelli che le competono (da Mediaset verrà qualche salutare ripensamento?), che ha portato il film a un’uscita record da quasi 1.300 sale, senza badare alle prevedibili critiche. E ci hanno creduto tanti esercenti, che si sono mobilitati in operazioni di comunicazione locale a supporto del film, segno di creatività e di una voglia di non aspettare solo i frutti del lavoro altrui. Se si lavorasse sempre così…Oggi sul mercato ci sono due “fazioni”. Non parliamo della stanca dicotomia tra multiplex e cinema tradizionali (ha senso se si parla di differenti profili editoriali, non di maggior o minor dignità). Nemmeno della divisione tra major e indipendenti. O tra artista affermato e giovane talento. Non tra grande e piccolo, dunque: dove a seconda dei gusti, “piccolo è bello” sempre e comunque, anche quando è accompagnato da un rancoroso disfattismo che fa cadere le braccia; oppure, al contrario, deve sempre prevalere il più forte, senza chiedersi mai se le sue ragioni siano reali. A noi pare che la differenza vera è tra chi ci crede e chi no. Ovvero, chi crede che il cinema abbia ancora un futuro e chi ha già tirato i remi in barca. Chi lavora, a qualsiasi livello (imprenditore, manager, dipendente in ambito commerciale, marketing, acquisizioni, comunicazione) cercando sempre di rinnovarsi e chi di routine; chi scommette sul proprio lavoro e chi non sa o non vuole più rischiare… Magari limitandosi a trovare scuse (il digitale, il Fus…).In questo l’esercente con una monosala (come Antonio Sancassani di Milano, un esempio per tutti con il suo Mexico, che abbiamo intervistato di recente) può essere più al passo con i tempi – per voglia, tenacia, creatività – di gestori o programmatori di multisale che non sanno nemmeno cosa propongono al pubblico. Se allarghiamo il campo, perché come il coraggio per don Abbondio neppure la capacità di rischiare ce la si può dare, la differenza la può fare anche chi asseconda gli estri e il coraggio altrui e chi per frustrazione, invidia o incapacità (o tutte queste cose insieme) si diverte a mettere i bastoni fra le ruote a chi vorrebbe fare. Pensiamo a tanti esercenti che vorrebbero operare al meglio, ma poi si trovano davanti qualcuno che decide che non possono avere quel film non per mancanza di redditività (motivazione realistica e accettabile) ma perché quell’esercente si rifiuta di accettare condizioni indecenti, che hanno solo l’obiettivo di farsi dire di no. Possono chiamarsi agenti quelli che fanno di tutto per non far circolare al massimo il prodotto a loro affidato? Non si tratta di condannare una categoria, perché ci sono quelli che fanno bene questo lavoro di profondità, ma di metter fine a certe pratiche indecorose.Ci piacerebbe però che nel mercato si saldasse l’alleanza tra chi ha voglia di fare contro i sabotatori che nel cinema non ci credono più. Neppure quando arriva un Checco Zalone a rinnovare entusiasmi e a rimpinguare le casse.
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