No Result
View All Result
L’Oscar a Paolo Sorrentino per La grande bellezza è stato spunto di discussioni sull’opera (che ha diviso il pubblico e la critica, almeno italiana), che sono un segno di vitalità per il cinema. Ma è anche l’occasione per riflettere sul nostro mercato. Per esempio la programmazione in tv, su Canale 5, due giorni dopo la premiazione ha suscitato un putiferio di dichiarazioni contrarie, legittime (la riproposta nei cinema avrebbe dato ben altri risultati), ma anche dimostrato che il cinema in tv non sia affatto perdente. Lo è quando i film arrivano sulle reti free a due anni dalla sala, ormai sgonfi: già alcuni esperimenti, sempre di Mediaset, a un anno dall’uscita, erano stati molto interessanti. È irrealistico pensare che un’azienda non guardi ai propri conti, specie in periodi di crisi: l’operazione Sorrentino ha reso un paio di milioni di euro; chi può biasimare il broadcaster?Il premio può anche darci l’opportunità di riaffermare che c’è un cinema italiano d’autore capace di intercettare un pubblico largo e quindi di incassare bene; e di farsi notare all’estero, nei festival e sui mercati principali. Anni fa non era scontato: quando vinse tre statuette con La vita è bella, il film di Roberto Benigni era uno strepitoso unicum, anche se era il terzo premio in un decennio dopo Nuovo cinema Paradiso e Mediterraneo. In seguito, pur tra mille incertezze, il nostro cinema ha visto rafforzarsi la posizione internazionale di registi già affermati (Moretti, gli stessi Salvatores e Tornatore), il riemergere di altri che sembravano in crisi (Bellocchio, Bertolucci, Olmi, i Taviani) e la crescita di nuovi nomi come, oltre a Sorrentino, Garrone, Virzì, Muccino. Casi interessanti perché dimostrano che una certa semina alla lunga riesce a dare risultati, se si dispone di solide premesse; ovvero talento e idee. Quando Paolo Sorrentino debuttò a Venezia nel 2001 con L’uomo in più, chi lo vide si accorse subito che c’era la stoffa del grande autore; che oltre tutto lanciava un attore teatrale ancora poco utilizzato dal cinema, quel Toni Servillo destinato a costruire con lui un sodalizio artistico fortissimo. Ma quel film lo videro in pochi in sala (incassò solo 200mila euro), anche perché la casa di distribuzione Key Films era in crisi dopo la morte del suo geniale fondatore Kermit Smith. Sorrentino non si perse per strada perché era accompagnato, (fin dai primi corti), dalla Indigo Film di Francesca Cima e Nicola Giuliano; e si può dire che sono cresciuti insieme, il regista e i due produttori. In particolare, ci ricordiamo Nicola Giuliano nei primi tempi affannato, desideroso di fare cose importanti, furibondo per le storture di un mercato in cui sembrava impossibile lavorare; pur se mantiene, per carattere, un approccio sempre insoddisfatto, vederlo sui palchi degli Efa, dei Golden Globes, dei Bafta e degli Oscar ritirare premi ambitissimi dai colleghi ci fa pensare che il tempo sa ricompensare chi lavora con impegno e sa intuire il talento in un giovane. Bisogna crederci e non smettere mai di battersi per quello che si ritiene giusto: non sempre, ma a volte i risultati arrivano.Infine, dietro questa vittoria ha lavorato per anni un sistema statale limitato, farraginoso, contestabile (anche da noi, spesso) ma, di principio, affatto scandaloso. Come abbiamo sempre spiegato anche a chi fraintendeva o non voleva capire, siamo convinti che i finanziamenti pubblici alla produzione (e così all’esercizio e alla promozione, molto insufficienti) non siano scorretti di per sé. Anzi, possono essere utilissimi. È l’utilizzo che se n’è fatto che era spesso criticabile. Far emergere i talenti del futuro o sostenere gli autori che possono dar lustro al cinema italiano nel mondo, non è mai uno scandalo. Ma bisogna usare bene le risorse. La vittoria agli Oscar è dunque un riconoscimento anche a tutto il sistema italiano. Con un po’ di sano orgoglio, può diventare un simbolo di ulteriore riscatto per tutti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In caso di citazione si prega di citare e linkare www.e-duesse.it
No Result
View All Result