L’imbuto d’autunno. Cannibalizzarsi ed essere felici
Come non fa più notizia un’estate senza film, è altrettanto ineluttabile il fenomeno dell’intasamento autunnale. Non è certo la prima volta che ci ritroviamo, dopo mesi con pochissime novità settimanali, weekend con 8-10 titoli nuovi in uscita. La Mostra di Venezia, quest’anno, c’entra fino a un certo punto: come sempre vari film italiani selezionati dal festival, sono stati posizionati a pochi giorni o settimane dal passaggio veneziano. Ma per carature e potenzialità di incasso mancava anzi qualcosa (pensiamo a Hungry Hearts di Saverio Costanzo, tornato dal Lido con due premi: se non fosse stato girato in inglese, e quindi da doppiare, sarebbe uscito a settembre con ottime potenzialità di incasso). In realtà un intasamento dovuto a Venezia non c’è stato: rispetto al passato, sono pochi i film stranieri di acquisizione già usciti nelle sale italiane; anche perché molti titoli selezionati erano senza distributore italiano. Eppure, sono stati tanti, troppi i film a tentare la sorte. Con esiti nella maggior parte dei casi negativi. Sfugge spesso il senso di alcuni posizionamenti (sono usciti durante o dopo Venezia 2014 titoli di Venezia 2013, per esempio Under the Skin… Non era meglio a maggio o giugno?), che finiscono in un ingorgo in cui la maggior parte dei prodotti si cannibalizzano a vicenda. Non stiamo parlando di un periodo fallimentare: alcuni top title hanno fatto il dovuto. Ma ci chiediamo a cosa serve, soprattutto per distributori indipendenti che rischiano in proprio, uscire in contemporanea a decine di concorrenti, senza alcuna speranza di portare a casa i soldi dell’investimento di lancio e copie (meno costose con il digitale: ma c’è sempre la vpf; quando la si paga…). Oggi il prodotto cinematografico ha soprattutto nel segmento theatrical la sua capacità di recupero economico, essendo l’home video in crisi, la tv non sempre abbordabile e il video on demand ancora allo stadio sperimentale. E allora, ci si domanda come ci si possa illudere di fare risultati in date intasate, e/o con film che già si sa in partenza non potranno ottenere numeri dignitosi. Ormai tutti sanno, o dovrebbero sapere, più o meno quali sono le tipologie che funzionano o meno; eppure ci si ostina a proporre prodotti che, per genere o tipologia, non hanno alcuna chance, o con un numero di copie non adeguato (troppe, o a volte troppo poche per ottenere risultati minimamente interessanti). Ovviamente il risultato di un film è da valutare in funzione del costo, di produzione o di acquisizione; e certe “nicchie” (pensiamo a operazioni di acquisto dove chi compra condivide parte del rischio con chi vende) sono interessanti. Ma complessivamente la distribuzione, già in sofferenza, non esce rafforzata da queste scelte. È un mercato in profonda trasformazione, anche per le difficoltà che attraversano marchi storici, cambi di management e mutamento di gusti del pubblico. Che pure non è sparito, anzi si mantiene tutto sommato stabile, al di là di picchi clamorosi. Le sorprese non sono molte, ma a volte spuntano e danno indicazioni: per esempio, se un film non facile come Le meraviglie arriva a guadagnare un milione di euro è in forza, oltre che della sua qualità (tanti ottimi film d’autore si fermano a soglie più basse), del premio vinto a Cannes e dell’uscita in contemporanea a fine maggio che ha rafforzato l’eco del premio, nonché dello spazio “sgombro” da prodotto fino a luglio; a conferma che è imprescindibile, se si viene selezionati dal festival francese, uscire subito. Di esempi se ne potrebbero fare molti altri (sull’estate, si veda nelle pagine interne l’analisi degli ultimi dieci anni), e riguardano le varie tipologie e generi di prodotto. Pensiamo al back to school, che funziona in chiave animazione ma anche teen (Colpa delle stelle), o ai periodi forti per la commedia italiana. Ma l’altra faccia della medaglia, ovvero sapere in partenza che film anche con un certo valore rischiano grosso se infilati nell’imbuto di settembre-ottobre, inquieta non poco.
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