La multiprogrammazione. Questione di sopravvivenza
Da dibattito, che potrebbe sembrare accademico o retorico, a motivo di sopravvivenza. La multiprogrammazione è uno di quegli argomenti che diventano ricorrenti nel settore e che possono sembrare, a chi non li vive sulla propria pelle, come uno dei tanti slogan o mode dialettiche. Intendiamoci: dietro quegli “slogan” ci sono sempre problemi reali: l’allungamento della stagione, la lotta alla pirateria, le percentuali di noleggio, i minimi garantiti, la puntualità nei pagamenti, la revisione delle window, ecc… Sono quei temi perennemente sul tavolo – cui si aggiungono, in determinati frangenti storici, quelli più contingenti: la digitalizzazione, il 3D, la virtual print fee… – che rischiano di diventare come l’avvicendarsi delle stagioni. Ciclico e uguale a se stesso.
Si rischia di scivolare in un atteggiamento fatalista che non ci piace, e fare poco o nulla (se non lamentarsi, al massimo). Sulla multiprogrammazione, in realtà, qualcosa si muove; come in precedenza tanto si è fatto proprio per temi contingenti come il 3D, il digitale e la vpf (proprio per il loro carattere di urgenza). Che, infatti, sia ormai una scelta strategica lo pensano in tanti. Sicuramente lo pensano tanti piccoli esercenti, che gestiscono monosale o piccole multisale, che non si possono più permettere di tenere vuote le proprie platee in omaggio a un modo troppo antiquato di programmare. Oggi troppi piccoli cinema – ma anche troppi schermi di multisale e multiplex, se è per questo – contano pochissimi biglietti staccati, o a volte anche nessuno, in giornate o orari che sembrano morti. In realtà, si potrebbero rivitalizzare con scelte differenti; e in qualche caso già lo si fa. I contenuti alternativi, da anni, riscuotono buoni numeri in feriali un tempo deboli. Rassegne e cineforum hanno questa funzione da tempo e, con alti e bassi in termini di risultati (anche qui, vengono premiate le formule innovative), permettono anche di dare più passaggi a film poco visti in prima battuta. Per l’animazione e in genere per i film per bambini, un po’ alla volta, si è accettato che, già dalla prima settimana o comunque in quelle successive, si possano programmare negli orari più adatti a quel target, riservando quelli serali a spettacoli diversi. E così via. Ma siamo ancora alle battute iniziali di un percorso che in altri Paesi è molto più spinto. Alle giornate Ciné di Riccione, un anno fa, fu molto interessante il convegno sul tema: oltre ad alcune esperienze italiane che già si riescono a mettere in piedi, vincendo le resistenze della distribuzione, si presentarono alcune case history straniere davvero illuminanti, in cui monosale e piccole multisale presentavano una pluralità di offerta (con 3-4 titoli diversi al giorno), in grado di intercettare pubblici variegati, di ottimizzare gli spazi, di incrementare presenze e incassi.
Dopo tanti discorsi e resistenze, oggi Anec e distributori Anica – come si racconta in questo numero – hanno iniziato una fase di studio che porterà in autunno a una vera sperimentazione, con tanto di sale pilota che potranno fare una vera multiprogrammazione, impegnandosi dal canto loro a comunicare al meglio programmi innovativi e a fare politiche di marketing locale moderne e attrattive. Ripetiamo: già tanto si fa, nelle varie zone d’Italia, per la creatività di esercenti, programmatori, associazioni; e si farebbe di più se alcuni distributori e agenti di noleggio regionale non mettessero assurdi bastoni tra le ruote, dal divieto senza senso su titoli anche fuori programmazione alle richieste di minimi garantiti esosi e non più giustificabili in tempi di digitale. Una volta, la “scusa” era il costo di stampa della pellicola… Ma ora? Adesso, qualcosa finalmente si muove. Ma bisognerà fare presto, se non si vuole sprecare un’opportunità e mandare definitivamente in crisi sale piccole ma di grande utilità culturale, sociale e anche economica, disperdendo patrimoni di competenze, passione e voglia di far conoscere il cinema al pubblico distratto di oggi. Parlare di ultima spiaggia forse può sembrare eccessivo, o troppo retorico. Ma è un’immagine che, per tanti esercenti, si avvicina molto alla realtà.
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