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I dati sul mercato italiano nel 2013, a una primissima lettura, sono di una semplicità evidente. L’anno passato ha finalmente registrato una nuova crescita, con un + 6,5% rispetto al mediocre 2012. Il problema è che se togliamo gli 8 milioni di spettatori di Sole a catinelle, ci sarebbe stata una crescita zero: numeri esattamente sovrapponibili. Ma è un vero problema, o meglio il segno di una stasi preoccupante del mercato? Cominciamo con il dire che ragionare così è un po’ paradossale: non solo uno straordinario successo, per quanto sia per forza di cose un unicum, è parte a tutti gli effetti del patrimonio del settore; ma se il mercato ha partorito il fenomeno Zalone, i meriti sono di tanti soggetti, a cominciare dal produttore, dal regista, dal comico e dagli altri interpreti, dal distributore e da ogni esercente che ha programmato il film. Detto questo, e ribadendo la preoccupazione perché per il 2014 non si vede al momento un trascinatore del mercato neanche paragonabile, non è il caso di darsi a entusiasmi esagerati. Ma con la crisi infinita, e sempre più dura, che colpisce l’Italia e non solo, vedere ancora per parecchi film le sale piene conforta assai. Non cresceremo mai sopra i 100-110 milioni, tranne il formidabile 2010 (in quel caso il fenomeno era Cameron con Avatar); ma non crolliamo neppure, segno che – nonostante la pirateria ormai insediata nelle abitudini di persone che al cinema non ci vanno mai e le numerose e articolate alternative di svaghi di ogni genere – la sala cinematografica rappresenta ancora valori numerici e finanziari di una certa solidità. Temiamo piuttosto che sia stato sottovalutato il calo generato dalla perdita dei cinema che non passeranno al digitale: confidiamo che in questi mesi il loro numero si riduca il più possibile; anche un solo cinema in meno è una perdita; anche solo pochi spettatori costretti a non andare più al cinema, per motivi logistici, sarebbero irrecuperabili.I dati 2013 ci parlano in effetti non solo dell’appeal che i film al cinema continuano ad avere, ma anche della salute del parco sale. Come normale, crescono bene o male tutti i segmenti: ma è interessante vedere che, ancora una volta, la crescita maggiore l’ottengano le multisale di taglio medio, dai 5 a 7 schermi. E questo impone forse qualche riflessione in più al settore: i multiplex maggiori, dalle 8 sale in su generano numeri fortissimi, e in alcune zone ancora scoperte nuove strutture di questo tipo potrebbero ancora dare un grande impulso al consumo cinematografico. Ma il taglio “5-7 schermi”, di minor costo e ottima resa, sarebbe ancora da incentivare, specie nei centri cittadini, magari proprio per sanare eventuali e non auspicabili chiusure. Certo, con la crisi investire non è facile; ma vedere perfino capoluoghi di provincia senza sale fa pensare che in quelle aree il cinema è ormai in ritirata. Proprio perché non tutti hanno voglia di allontanarsi dal centro cittadino e spostarsi nelle strutture periferiche. Quest’anno è la digitalizzazione la trincea dell’esercizio e dell’intero settore. Ma forse varrebbe la pena, in seguito, passare a una “fase 2” dei rapporti con le regioni, che possono essere il lascito positivo di questa faticosa transizione (in extremis, molte hanno iniziato a stanziare fondi e a emanare bandi per chi acquista i proiettori digitali), e intavolare analisi dell’offerta complessiva, fino a proporre eventuali soluzioni e agevolazioni per investimenti futuri in nuove realizzazioni. Se i multiplex si sono un po’ fermati, nuovi e moderni cityplex potrebbero da un lato proporsi come una ventata di novità, che è sempre uno choc salutare, e dall’altro frenare emorragie di schermi e posti in una determinata area. Facilitando operazioni di marketing territoriale che si attivano meglio se ci si presenta con una veste accattivante e nuova. Il cinema ha, per fortuna, ancora questa capacità di rinnovarsi sempre, appena spunta un nuovo autore o un nuovo interprete o un film particolarmente originale. Ma anche una casa nuova che li ospita, può contribuire a una fascino che si rinnova.
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