Uno sguardo aperto sulle difficoltà. Mezze verità e luoghi comuni
Come si esce da un periodo di difficoltà che perdura e che deprime? Se lo chiedono tanti operatori negli ultimi mesi. Molti, poi, non se lo chiedono più e aspettano con pessimismo gli eventi. E non hanno più voglia di parlare dei “soliti problemi, sempre uguali”. Ma che tutto sia sempre uguale a se stesso, e i problemi irrisolvibili, e ogni sforzo vano, è una mezza verità, che come tutte le mezze verità rischia di incrostarsi in luogo comune. Ce ne sono tanti altri, di luoghi comuni, che circolano. Vediamone alcuni. Non si inventa più nulla. Il cinema non è più innovativo, e quindi destinato al declino e a scomparire (e lo dicono quelli che ci lavorano…). Già dimenticata la straordinaria invenzione del 3D, che per un paio di anni ha riportato il cinema al centro dell’attenzione? E in fondo la più ampia rivoluzione digitale, che cos’è se non una straordinaria, incredibile innovazione? Che ha lasciato dolorose perdite sul campo, ma ha – in pochissimi anni – cambiato tutto il parco proiettori e regalato, insieme a vari problemi, anche notevoli opportunità. Senza Zalone siamo spacciati. Ok, lo sapevamo, quest’anno non c’è Checco Zalone (e nemmeno James Cameron…); e quindi i confronti anno su anno sono drammatici. Ma pochi anni fa, il comico pugliese non c’era. Se l’è inventato un produttore come Pietro Valsecchi, sicuramente con un buon fiuto. Invece che riciclare sempre gli stessi attori per 4-5 film l’anno, ci si può guardare in giro in cerca di facce nuove. In fondo, prima di Zalone, erano stati scoperti Pieraccioni e Aldo Giovanni e Giacomo… Non è facile, bisogna cercare e rischiare, ma i nomi nuovi possono sempre spuntar fuori. O no? Non ci sono più gli autori di una volta. Stesso discorso, ma qui è fin troppo facile pensare a Paolo Sorrentino, portato dai suoi produttori Nicola Giuliano e Francesca Cima da un’opera prima vista da pochi all’Oscar. Come la Wildside di Mario Gianani si è inventata Pif. E prima avevano scoperto nuovi autori Fandango, Colorado, Cattleya e tanti altri. Quanto alla debolezza del cinema d’autore, anche qui dipende dalle idee: sembra tutto già deciso sulla carta, poi arriva un film su Giacomo Leopardi – che tutti davano per spacciato – e incassa come certi filmoni hollywoodiani. Le commedie italiane, in estate, non funzionano. Se nell’autunno 2012 dozzine di film d’autore certificarono il fallimento di una strategia che portava tutti i film italiani “di qualità” a smontarsi l’un l’altro tra settembre e ottobre (sottolineando l’errore di chi aveva portato i propri film a Cannes e poi ne imponeva l’uscita mesi dopo: Reality di Matteo Garrone, Io e te di Bernardo Bertolucci), quest’anno è la commedia italiana sul banco degli accusati. Con film di buone o forti potenzialità a succedersi settimanalmente e a mangiarsi a vicenda il bacino d’utenza. Le “case histories” estive sono poche e molto particolari (due “cinecocomeri” firmati dai fratelli Vanzina), ma dopo i flop in serie o anche solo i mezzi successi, si può ancora dire che certi titoli avrebbero incassato di meno in giugno? La Festa del cinema? In Italia è impossibile. Mentre in Spagna ha ottenuto, per l’ennesima volta, numeri record. Perché noi non dobbiamo riuscirci? I precedenti, soprattutto l’ultimo, non contano: farla male equivale a non farla. Non sottovalutiamo i problemi. E abbiamo grande comprensione per le difficoltà delle aziende di esercizio e di distribuzione di fronte a una situazione aggravata dalla crisi generale, economica e dei consumi. Ma proprio per questo, e in forza della passione che abbiamo per un settore che sentiamo “casa nostra” (anche se da un ruolo di osservatori), crediamo che serva uno scatto di sincerità – nel riconoscere quando una mezza verità diventa banale luogo comune – e una buona dose di fantasia e coraggio per inventare soluzioni nuove per convincere il pubblico.
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