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Cosa chiede il mercato dell’arredobagno ai suoi operatori, retail per primo? Sicuramente di non restare indietro e di capire come evolvere, imparando a leggere le trasformazioni e i mutamenti dei consumatori e, come abbiamo ribadito più volte anche negli ultimi numeri, non temendo il cambiamento. Ed è proprio da questo ultimo concetto che siamo partiti per dare, insieme al contributo di docenti universitari, consulenti e studiosi del nostro settore intervistati a pag 41, nuovi spunti di riflessione e consigli su come sia possibile differenziare la propria attività commerciale, e creare un nuovo legame con il consumatore. Tutti concordano su un punto: il lavoro più importante che deve fare oggi un retailer è quello di impegnarsi a fare vivere un’esperienza memorabile al cliente, fin dal primo incontro. Se lo si fa sentire al centro dell’attenzione, e lo si accompagna nella scelta della miglior soluzione, si abbasserà il livello di lettura critica del preventivo e si costruirà una preferenza verso lo showroom, con la conclusione che aumenterà il livello di soddisfazione e si chiuderà l’acquisto, senza troppi intoppi. Questo darà il via alla dinamica del passaparola, che a oggi è ancora il mezzo più efficace per incrementare la pedonabilità e trasformare semplici visitatori in clienti attivi. Ma a livello strategico, cosa significa tutto questo? Significa che il retail deve definitivamente cambiare ruolo e trasformarsi da distributore e rivendita di prodotti a interlocutore di riferimento per soddisfare bisogni ed esigenze del cliente. Il secondo passo è capire come differenziarsi, distinguersi, fare la differenza, per emergere in un mercato fortemente concorrenziale. E questo è un lavoro che non può certo essere improvvisato, ma è una strategia che va studiata e pianificata. Da dove iniziare? Per prima cosa i titolari dei negozi devono trasformarsi da “padroni a manager” e assumere, sempre più, un ruolo dirigenziale che preveda scelte gestionali e organizzative volte al profitto, piuttosto che alla semplice sopravvivenza. E poi bisogna individuare il target primario al quale ci si vuole rivolgere, e per farlo bisogna lavorare in contemporanea sull’offerta dei marchi e prodotti da trattare. Come concorda anche Bubbio, le strategie commerciali che si basano su “di tutto, di più” non hanno più futuro, “ma solo un passato, che talvolta è stato anche soddisfacente, ma non si può vivere certo di ricordi…”. Così facendo non solo si dimostrerà di essere in grado di aumentare il livello di originalità e personalizzazione delle proposte, ma le si renderà più difficili da imitare ai concorrenti. Chi si sta muovendo in questa direzione ci ha dichiarato variazioni positive, e un maggiore interesse e coinvolgimento della clientela a dimostrazione che si possono ottenere risultati economici migliori, anche a parità di fatturato, semplicemente manovrando meglio il mix di vendita. Ma se questo è ciò che viene domandato alla distribuzione, anche per l’industria ci sono delle richieste. Per esempio, una maggior presenza in store con promoter e giornate dedicate ai prodotti per il cliente finale, magari accompagnate da promozioni accattivanti per attirare un pubblico maggiore; più collaborazione da parte delle agenzie per organizzare eventi e progetti mirati al territorio di appartenenza sostenute da un’adeguata comunicazione. E ancora, migliorare il servizio post vendita e velocizzare i tempi di consegna. E poi non dimentichiamo una maggior tutela del canale in generale per contrastare la concorrenza della Gd che sta dimostrando di sapersi muovere bene e velocemente per attirare il cliente grazie a idee e iniziative molto interessanti (si pensi al progetto Lab Bagno di Leroy Merlin, che inizierà a breve, o la realtà virtuale nei punti vendita Ikea) e dei portali di vendite online in generale che puntano tutto sul prezzo e poco sulla qualità e la provenienza dei prodotti.La Redazione
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