Questa è l’Italia che piace
Dato che gli ultimi anni sono stati caratterizzati da una corsa all’estero più per necessità che per scelta, ci fa piacere constatare che per molti produttori il mercato interno sta tornando a essere prioritario. Avrà inciso il blocco del mercato russo e l’instabilità di quei Paesi considerati la nuova Eldorado del commercio? Certamente questa incertezza politica ha avuto il suo peso, fatto sta che il nostro settore sta registrando risultati positivi. Secondo le ultime stime Angaisa l’andamento degli ultimi 12 mesi (aprile 2015- marzo 2016 rispetto lo stesso periodo dell’anno precedente) è migliorato di quasi 7 punti percentuali; bene anche il fatturato relativo al primo trimestre del 2016 (quasi 10 punti). Anche le aziende estere – soprattutto alcune multinazionali – hanno rifocalizzato l’attenzione sull’Italia consce dell’importanza strategica, ma soprattutto del potenziale di crescita che il nostro Paese può offrire se ben presidiato. Ma cosa rende appealing il mercato italiano dell’arredobagno rispetto ad altri? Il consumatore e il normal trade su tutti. Per quanto riguarda il primo, a essere apprezzata è la sua attenzione per l’abitazione e tutto quello che la circonda. Si tenga conto che per circa il 90% della popolazione la casa è di proprietà ed è considerata ancora l’investimento più importante. Segue l’interesse che si dà all’arredo e alla ricerca del bello. Tutto questo è tipico del Belpaese perché fuori confine, soprattutto nel nord Europa, non avviene così. La casa di proprietà non è vista come una necessità, si trasloca molto di più e si vive spesso in affitto, per questo il mobilio è considerato un “accessorio” e, di conseguenza, non viene affrontato come una spesa definitiva o per durare tutta la vita. Non dimentichiamo poi che, in molte nazioni (si pensi per esempio alla Francia), le case si vendono già ammobiliate, cosa che in Italia si sta provando timidamente a fare ora (vedi per esempio l’ultimo progetto nato: Milano Contract District). E poi la distribuzione. Certamente abbiamo una filiera lunghissima rispetto all’estero, ma il panorama distributivo resta comunque unico perché contraddistinto da tanti piccoli punti vendita e showroom indipendenti che cambiano connotazione da regione e regione e contribuiscono, per questo, a rendere unico e particolare lo scenario distributivo. Ruolo primario è rivestito dai titolari che, insieme alle loro famiglie, portano avanti da generazioni queste attività cercando da una parte di affrontare le sfide del fare impresa e dall’altra di cogliere tutte le opportunità offerte dal mercato. Certo, non vale per tutti, ma tra chi si distingue – e di realtà ce ne sono molte – c’è un elemento comune a tutti i rivenditori: la capacità di offrire una vendita assistita di qualità e la garanzia di un servizio attento e curato. E per servizio non intendiamo solo quello pre e post vendita, ma anche l’abilità di scegliere i fornitori con i quali lavorare e di conseguenza i prodotti da proporre per differenziarsi dai competitor (il rivenditore in copertina ne è un esempio). Questo significa voler innovare, fare la differenza e saper rendere unica la propria attività. Certo, così facendo non si potranno accontentare tutti i clienti che entrano in negozio. Ma questa, oggi, sembra essere la strada di chi persegue la strategia del “vendo meno, ma vendo meglio” dove meglio è sinonimo di “preservo i margini e punto a di aumentare gli utili”. Ecco, tutto questo, insieme a una timida ripresa dei consumi, ai Bonus e agli incentivi, a un accesso al credito e ai mutui più semplificato, rende nuovamente il nostro mercato più attraente agli occhi dell’industria. Sta a quest’ultima ora tornare a investire seriamente e a progettare il futuro insieme ai partner.
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