CINQUE PUNTI CONTRO L’INCERTEZZA
Saranno a metà febbraio. No, ai primi di marzo, massimo a metà del mese. E se la cosa si trascinasse fino ad aprile? «Impossibile», risponde chi conosce la bulimia elettorale che agita le notti del Pd di Matteo Renzi, del Movimento 5 Stelle del candidato premier Luigi Di Maio, nonché del redivivo centrodestra dell’abbinata Berlusconi-Salvini-Meloni. Il toto-day per le Politiche del 2018 infiamma da qualche settimana le agende, anche se tutto rimane nell’aria in vista delle Regionali siciliane che sanciranno quale forza politica potrà godere del loro beneaugurante effetto traino. Se non altro per puro marketing.
La realtà è che mentre i partiti si preparano a menar le mani, sui giornali, in tv e soprattutto online, dove si sentiranno di affermare di tutto e il suo contrario, aizzando i populismi e alimentando l’autunno del nostro scontento, il Paese entra in un contesto di incertezza. Un’incertezza a tratti velata, in altri manifesta, se non sbandierata, e ciò perché in questa fase di passaggio, non sapendo come e dove andrà a parare il profilo del prossimo governo, chi dovrà prendere decisioni operative sulla nostra economia (imprenditori e manager in primis) lo farà con prudenza, dato che quel che è valido oggi potrebbe non esserlo più nel nuovo anno. Prudenza, consiglia il buon senso, e prudenza si vede in giro. In alcuni casi addirittura stallo. Dato che gli schieramenti, al di là delle posizioni di facciata assunte a prescindere e – è il caso di dirlo – per partito preso, non è che abbiano fornito elementi tali per cui sia possibile intuire a oggi che idea di Paese abbiano in mente. Gli slogan certo non mancano, ma è la sostanza a latitare. Eppure, in un contesto economico fragile come il nostro, in cui le certezze sono più preziose dell’oro, bisognerebbe piuttosto dare gambe robuste alla già debole ripresa, farle allenare per l’arrampicata, non costringerle a mettersi a sedere, per risparmiarsi, perché il rischio (anzi la certezza) è che si indeboliscano ancora di più.
So bene di non dire nulla di particolarmente nuovo o di straordinario, questi assunti ce li ripetiamo a ogni tornata elettorale, ma ribadirlo anche stavolta è un atto di fede e di responsabilità che bisogna avere verso il futuro. Così, come un atto di maturità è chiedere da subito ai vari schieramenti non programmi complessi e articolati, bensì quattro o cinque interventi strutturali sull’economia del Paese, cinque idee importanti e ambiziose, anche controcorrente e traumatiche, comprensibili da qualsiasi elettore e in grado di aprire una volta per tutte la diga dello sviluppo. Vi sembra poco? Forse, ma – secondo me – sarebbe l’unico modo per trasformare in slancio quest’incombente incertezza.
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