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Un pezzo di legno può non essere solo un pezzo di legno, in questo concetto si racchiude per sommi ed estremi capi lo straordinario racconto di Carlo Collodi sul burattino Pinocchio. E cosa è in grado di trasformare una cosa banale come «un semplice pezzo da catasta, di quelli che in inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze» addirittura in un bambino? Occorre certamente la fervida fantasia dell’autore toscano, ma bisogna anche – probabilmente soprattutto – sapersi armare di un nuovo sguardo sulla realtà, per riuscire a intravedere in persone-circostanze-oggetti-e-concetti, contorni e opportunità che altrimenti non si vedrebbero, nascosti come sono dalla realtà così come viene percepita dai nostri schemi mentali. In una parola, dai nostri pre-giudizi. Eppure, se ci si è lasciati pervadere, come da bambino è capitato a me (e come spero succeda anche ai miei figli), dalla scintilla di stupore che promana da quel libro, si scopre come la realtà possa essere più straordinaria della fantasia. Basta sforzarsi di guardarla nella sua interezza senza farsi condizionare dalle idee confezionate da altri a nostro uso e consumo, ovvero dalla ideologia. Che – attenzione! – non agisce solo in ambito politico e quindi economico, ma è anche etica e finanche emotiva. E tutto ciò malgrado l’immobilità delle ideologie abbia di per sé dimostrato da tempo la sua anti-storicità, la sua inadeguatezza ad assecondare la complessità delle cose umane. Diciamocelo: l’Italia brilla per essere un Paese di Pinocchi (nel senso del burattino di legno), perché oltre a mentire agli altri sappiamo – meglio di chiunque altro – mentire a noi stessi. Basta guardare cosa abbiamo fatto nella nostra storia recente, quando si è creduto che per sopravvivere bastasse la finanza, lo Stato, senza una continua creazione del valore, della ricchezza da poter redistribuire. Da qui sprechi, corruzione, furba-stupidità come dimostrano le “banche saltate” in questi mesi. Nonché la difesa corporativa di diritti acquisiti, ormai indifendibili, e l’incapacità a scorgere “cose” nuove da cui ricominciare a costruire. Dimentichi come siamo della lezione darwiniana secondo la quale sono le specie capaci di adattarsi, cioè quelle che fanno tesoro dei propri limiti ed errori, ad avere la meglio. Perché sono disponibili a cambiare e adattare il proprio progetto col mutare della realtà. Noi, invece, al pari di tante “teste di legno”, della nostra rigidità ce ne facciamo quasi un vanto. Qualcuno ha l’ardire di spacciarla addirittura per coerenza… E andiamo avanti imperterriti, ma alla cieca. A quando una nostra seria exit strategy da questo insopportabile Paese dei balocchi? A quando la nostra evoluzione da burattini spinti dai meri desideri a esseri in carne e ossa mossi dalla voglia di crescere e diventare grandi? Smettiamola di attendere invano Grilli Parlanti e Fatine Turchine, sperando che vengano in nostro soccorso, togliendoci le castagne dal fuoco. È così che schiere di politici incapaci e logorroici, approfittando della nostra deresponsabilizzazione, ci stanno togliendo il futuro. Per favore, facciamo evolvere il Pinocchio che è in ciascuno di noi.
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