2/ Dove va lo shopping?
Questa mattina si è tenuta la terza edizione del convegno “Dove va lo shopping” organizzato da TradeLab volto ad analizzare come si muovono i flussi e i comportamenti d’acquisto all’interno delle grandi polarità commerciali, in particolare centri commerciali, centro cittadino e Internet. I dati della ricerca dedicata al tema dalla società di consulenza evidenziano che i contenitori extra urbani sono frequentati dal 90% dei 3000 intervistati (1.000 Milano, 1.000 Roma e 1.000 a Catania), le polarità urbane dall’84% e Internet dal 65%, con il tasso delle prime due polarità in calo, rispetto a un on line in crescita. Le polarità vincono in misura diversa nelle tre città: a Catania si frequentano più i c.c., a Roma più il centro città e a Milano più l’online. La visita ai negozi rimane la prima fonte d’informazione e quella più esaustiva: “il 27% del campione ha aggiunto che cerca informazioni via mobile dal negozio”. Per l’acquisto vince il centro urbano (52%, in crescita anche se lievemente), seguito dalle polarità extra urbane (43% ma in calo sul 2015) e l’ecommerce (4%, ma in crescita di quasi il 25% sul 2015). Nel caso dell’acquisto di un prodotto technical però Internet ha un ruolo informativo molto evidente: nel 43,5% dei casi il campione si informa in negozio, nel 40% on line e nel 10% attraverso i flyer. Stessa cosa per l’atto di shopping vero e proprio: 32,7% del campione lo fa in un negozio urbano, il 55,7% in uno extraurbano e l’11,6% su Internet, di cui il 43% compra on line, ma ritira in negozio. La ricerca conferma poi anche dei trend interessanti sul fonte dei centri commerciali. In primis se è vero che la grande maggioranza (77%) degli shopper usa più polarità, cresce però la quota di chi ne usa una sola o al massimo due evidenziando che il consumatore si concentra sempre più anche perché le differenze fra le diverse opzioni fisiche sono sempre meno forti. Per finire solo il 71% delle persone che frequentano un c.c. lo fanno per acquistare, il 29% lo fa spinto da altre motivazioni: mangiare, divertirsi, accedere a servizi, etc. In secondo luogo le ancora tradizionali – l’iper in primis, ma anche le gallerie tutte con le stesse insegne – non valgono più da sole da elemento attrattivo, serve ben altro. “Tutto ciò dice che il centro commerciale non deve più essere un contenitore di massificazione, molto uguale ai suoi omonimi, ma deve pensare e offrire cose diverse a target molto diversi e con bisogni altrettanto diversi in una scenografia e in un contenitore che anche qui deve avere l’ambizione di sorprendere e non essere scontatamente uguale” ha concluso Ermanno Canali della Canali & co sponsor del convegno.
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