Barbera, il mio festival aperto al mondo

La Mostra del Cinema di Venezia è ormai considerata il trampolino di lancio per la corsa agli Oscar. Un credito che il festival si è costruito in questi ultimi anni da quando Alberto Barbera è tornato alla sua guida nel 2012, dopo averla diretta dal 1999 al 2001. Ma Venezia è anche, anzi sempre più, il festival del pubblico, con le presenze di spettatori cresciute vertiginosamente. «Per questa 76ª edizione che parte domani abbiamo iniziato a lavorare molto presto», ci ha dichiarato Barbera (l’intervista integrale si può leggere scaricando gratuitamente la digital edition di Storie da App Store e Google Play). «Abbiamo cominciato in autunno con le prime riunioni organizzative. A gennaio è partita l’operatività con la visione di alcuni film. Da fine febbraio-inizio marzo, insieme al gruppo di esperti che mi affiancano, abbiamo organizzato le prime sedute di proiezione. Dopo il festival di Cannes, a fine maggio ci siamo trasferiti al Lido, al Palazzo del Cinema, per continuare nella visione dei titoli in arrivo. Abbiamo ultimato la selezione intorno al 20 luglio».

Quanti film avete visto e quali sono le cinematografie più interessanti?

Abbiamo ricevuto 1.900 film e 1.700 corti. Le opere arrivano da tutto il mondo; la rivoluzione digitale, con il suo abbattimento dei costi, facilita la produzione anche nei Paesi senza tradizione cinematografica e in cui le condizioni produttive sono molto difficili. Questo fa sì che un po’ in tutto il mondo si realizzino film interessanti. La mia impressione è che sia un momento di grande creatività per il mondo del cinema. Non sempre alla quantità di film corrisponde la qualità ma è indubbio che si stiano aprendo enormi opportunità per i giovani registi e questo porta alla nascita di nuovi talenti un po’ ovunque nel mondo.

Le ultime edizioni hanno fatto di Venezia il festival dei film da Oscar. Che lavoro avete fatto?

Quando sono tornato nel 2012, ho trovato una situazione non facile nel rapporto con i principali produttori americani che preferivano optare per festival concorrenti e concomitanti come quello di Telluride e di Toronto. Noi abbiamo voluto invertire questa tendenza. Abbiamo comunicato agli studios la nostra intenzione di modernizzare le sale, migliorare l’accoglienza, offrire nuovi servizi. Inoltre, abbiamo insistito sul fatto che al Lido arriva la stampa internazionale e, per un film, questo vuol dire avere una visibilità e una promozione mondiale da poter abbinare a quella nordamericana. Quando poi Gravity, film in cui non credeva nessuno, ha vinto l’Oscar, la diffidenza verso Venezia è stata accantonata. Dopo, sono arrivati altri film come Birdman, Il caso Spotlight, La La Land e La forma dell’acqua. Tutti titoli che hanno fatto crescere la forza del nostro festival.

Un aspetto importante, di cui si parla poco, è che Venezia è sempre più un festival per il pubblico.

Assolutamente. Nel 2011 gli spettatori erano stati 35mila, l’anno scorso circa 82mila con una crescita del 12% rispetto all’anno precedente. Il pubblico di appassionati è sempre più presente; è tornato in forza alla Mostra del Cinema. E questo mi rende molto orgoglioso. L’anno scorso per molte proiezioni abbiamo avuto il tutto esaurito tanto è vero che quest’anno abbiamo ampliato la capienza dei posti disponibili.

Dopo le polemiche dell’anno scorso, quest’anno nessun problema per i film di Netflix in concorso.

Mi sembra che sia un tema superato dei fatti; Netflix è stata accettata dall’Academy degli Oscar e dall’Mpaa e un suo film, Roma, ha vinto un Oscar. A mio avviso sono venute meno le ragioni di una contrapposizione. Adesso ne parliamo perché siamo in una fase di transizione; fra un anno, quando le piattaforme si rafforzeranno con quelle di Disney, Warner, Comcast e Apple, che si uniranno a quelle già esistenti, tutte queste discussioni faranno parte del passato. Non è il festival di Venezia ad aver vinto una battaglia; è la realtà ad essere andata in questa direzione ed era inevitabile che fosse così. Io capisco perfettamente gli esercenti, che hanno le loro ragioni e devono confrontarsi con un panorama diverso da quello in cui erano abituati ad operare. Siamo in un momento di grandissimi cambiamenti, di incremento dei contenuti e delle opportunità per tutti di poterne usufruire; bisogna, però, cambiare modelli di business. Anche le piattaforme dovranno cambiare. La realtà è che sono venuti meno i cardini di un mercato come lo conoscevamo. Il nuovo assetto non è definitivo e siamo in una fase di sperimentazione; alla fine, però, si arriverà a un nuovo equilibrio.

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