«Da mesi aleggiano diverse opinioni sul destino del cinema italiano, in molti casi contrastanti tra loro. C’è una sorta di previsione apocalittica alternata a un sentimento di noncuranza, come se il cinema fosse sempre quello, destinato a non cambiare o a soccombere da un momento all’altro. Eppure, la qualità dei nostri film, riconosciuta nei festival internazionali più importanti, non raggiungeva dei livelli così alti da decenni. Cosa succede dunque? In realtà per la prima volta nella sua storia, il nostro sistema cinematografico è scosso da turbolenze esterne, legate all’avvento di nuovi operatori e nuovi modelli di fruizione dei contenuti, e da criticità interne ben note e da dover affrontare: una sempre presente stagionalità, una pirateria endemica al comparto e, infine, una contrazione della quota di mercato dei film italiani in sala progressiva e costante da tre anni a questa parte. La scelta di distribuire il film
Qual è il destino del cinema italiano se persino la Mostra di Venezia cambia? Come porsi di fronte a nuovi operatori che sembrano essere al di sopra delle regole vigenti? Per quanto riguarda Venezia, è un dato di fatto che negli ultimi anni il Festival abbia raggiunto un lustro e un prestigio degno delle migliori edizioni del passato. La cinematografia mondiale guarda a Venezia come un appuntamento di primaria importanza e il merito è sicuramente della gestione portata avanti in maniera coraggiosa dal direttore Alberto Barbera. Sembra però che il verdetto finale dell’ultima edizione abbia lasciato qualche perplessità e mi chiedo, sempre per condividere in maniera costruttiva qualche riflessione, a cosa possa servire oggi un Festival. La risposta è strettamente correlata alla visione che ognuno di noi ha del cinema. Personalmente credo che oggi un Festival serva innanzitutto a dare visibilità internazionale ai film più profondi e densi di significato, amplificando il loro incontro con il pubblico e quindi assegnando una forza mediatica che altrimenti sarebbe difficile ottenere. Mi riferisco a quei film capaci di scuotere lo spettatore, di porlo di fronte a domande che necessitano una risposta e quindi un grande lavoro di rielaborazione personale. È mia convinzione che quanto appena descritto sia strettamente connesso alla fruizione in sala e possa vivere solo con la sala. Non è solo una questione di business. Non è un problema che i nuovi operatori utilizzino i Festival internazionali più importanti per far risaltare il loro marchio attraverso film di altissima qualità, come nel caso di
Le funzioni culturali e sociali di un film sono e rimangono connesse alla sala. È una questione di tenuta identitaria del Paese in un contesto dove le narrazioni e i contenuti mediali sono proposti da aziende di dimensioni globali e interessi, di fatto, sovranazionali. Mantenere elevata la quota di mercato del cinema italiano è quindi una prerogativa imprescindibile per chi ha a cuore il sistema cinema nel suo insieme. Che fare dunque Garantire una
Un altro tema riguarda la generazione più giovane, avulsa in questo momento dal sistema cinematografico classico perché maggiormente coinvolta in prodotti sostitutivi come il gaming o complementari come le serie tv. Per questo pubblico sarebbe possibile creare un cluster definito da parte dell’esercizio per invogliare la visione del film in sala attraverso un prezzo del biglietto ridotto. Allo stesso tempo queste iniziative possono essere implementate solo se anche i nuovi operatori garantiranno il rispetto delle regole. Più volte ho sentito dire che l’avvento di Netflix rappresenterà un bene per il cinema italiano. Lo spero e mi auguro che ci sia un reale coinvolgimento proattivo anche verso la produzione italiana. Guardare al mercato italiano del cinema solo attraverso un’ottica relativa ai ritorni economici sarebbe inacettabile per la nostra storia e per quello che il cinema rappresenta per il nostro Paese. Il cinema non ha paura dei cambiamenti, lo ha sempre dimostrato, ma un film, per essere tale, non può fare a meno della sala. Chi pensa alla magia del cinema ne è cosciente così come chi auspica un futuro di crescita e sostenibile, nel suo insieme, per il nostro comparto. Il resto sono solo sguardi rivolti al breve termine, senza la creazione di effettivo valore per una parte fondamentale della nostra industria e della nostra cultura».
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