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“La cultura è la principale risorsa potenziale per risollevare le energie del Paese”. Lo sostengono, in un articolo pubblicato ieri domenica 16 febbraio sul ‘Correre della Sera’, Riccardo Tozzi e Marco Polillo, rispettivamente presidenti di Anica (imprese cinematografiche) e Aie (editori). La cultura, per Tozzi e Polillo, è infatti “la sola in grado di generare al tempo stesso crescita economica e civile; di creare lavoro qualificante per i giovani; di rendere migliore la qualità della vita dei cittadini; di proporre all’estero un’immagine dell’Italia più giusta di quella canagliesca che la nostra cronaca ci ha incollato addosso”. L’industria culturale italiana, secondo i due presidenti, ha vissuto una forte crescita dagli anni 80: “Prima con la fiction televisiva, poi con la musica, il romanzo e infine il cinema, i prodotti culturali italiani hanno riconquistato il mercato interno e si sono affacciati su quello internazionale”, per questo il comparto industriale della cultura rappresenta “una grande risorsa che può costituire un motore di sviluppo per il Paese”. Una crescita che però non si è tradotta in una crescita complessiva del mercato e delle sue strutture, soprattutto per la totale assenza di visione e azione politica”, da cui discenderebbero una stasi nei consumi culturali complessivi e, complice la crisi economica, una recessione del settore. Per rilanciare la produzione culturale le associazioni di categoria, continuano Tozzi e Polillo. “hanno elaborato programmi precisi di intervento per i loro settori e, per cinema e fiction, lo hanno fatto anche gli autori”. Ma tali programmi non sembrano smuovere l’interesse dei partiti, in una campagna elettorale deludente: “Nessun politico italiano ha pronunciato le parole «industria culturale». Di fronte alle contestazioni, rispondono: «Ci pensiamo noi». Ma quando? E con quale retroterra di esperienza studio ed elaborazione?”. Grave, infine, l’aspetto di formazione delle giovani generazioni, sia dei potenziali fruitori (“se nella scuola italiana non si introdurranno la frequentazione, la conoscenza e l’uso di oggetti culturali, non aumenterà mai il «circolo dei cinque milioni», gli italiani che in un anno hanno un’abitudine alla fruizione dei prodotti culturali”) che dei futuri operatori: “Se non si creeranno centri di formazione di eccellenza – sostengono Tozzi e Polillo – la diffusa creatività dei giovani italiani non diventerà, se non eccezionalmente, professione”.
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