La nicchia è il nuovo mainstream
Nel 2019 saranno disponibili oltre 500 serie scripted distribuite tra vari network e piattaforme: di fronte a questa varietà di offerta qual è il mandato di creativi e storyteller? Questo, in sostanza, il senso dell’intervento di Neil Landau, direttore del programma di Scrittura per la televisione alla Ucla di Los Angeles e autore di libri sull’evoluzione della scrittura per la televisione, intervenuto oggi nel corso della prima giornata del Srn-Screenwriting Research Network, una tre giorni dedicata alla sceneggiatura organizzata dall’Università cattolica di Milano.
Serie non per tutti, ma per tanti. Con la rivoluzione digitale, la prolificazione delle offerte e il comando in mano allo spettatore, spiega Landau, «la nicchia è il nuovo mainstream», spiega. Innegabile il confronto con gli svod, Netflix in primis. «La strategia di Netlifix è quella della globalizzazione, che si traduce però in storie locali, disponibili in tutto il mondo. Non vogliono show che siano per tutti, ma che possano piacere a tanti, costruendo non una grande rete, ma tante reti», spiega. Tanto che, pur ammettendo che la logica dell’algoritmo (vs quella degli ascolti) sottende la perdita della nostra privacy, incalza: «se chiedessimo a chi scrive se preferiscono lavorare per gli operatori streaming o per i broadcaster, risponderebbero tutti i primi, perché lì hanno la possibilità di scrivere davvero di tutto».
Ma cosa scrivere? «Nell’era del darwinismo digitale, in un mondo polarizzato, abbiamo un bisogno, conscio o inconscio che sia, di show che articolino o rendano il senso del divario culturale che contraddistingue questa epoca. Le serie tv esprimono questa polarizzazione attraverso dei microcosmi, famiglie in senso lato». «Possiamo intrattenere e ispirare», aiutando a capire la polarizzazione che esiste nel mondo e ricordando che sono più che cose che ogni cultura ha in comune rispetto a quelle che le dividono. Perché, ha spiegato, «non lavoriamo nel business dell’entertainment, ma in quello dell’empatia» e il racconto – tra cui quello seriale – ci aiuta a vivere emozioni e sensazioni senza le conseguenze della vita reale. «Ai miei studenti cito sempre la frase della poetessa Nayyrah Waheed: racconta la storia che hai più paura di raccontare», spiega.
Gli incontri proseguiranno fino al 15 settembre, con gli interventi di Warren Buckland, Reader di Film Studies alla Oxford Brookes University; Paolo Braga, ricercatore presso l’Università Cattolica di Milano; Eleonora Andreatta, direttore di
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