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A ogni piattaforma il suo palinsesto. Si potrebbe riassumere così l’impressione che si ha scorrendo i servizi che compongono questo numero speciale di Tivù, dedicato appunto alla programmazione autunnale delle emittenti. Di tutte le emittenti: analogiche, satellitari e digitali terrestri, piuttosto che generaliste o tematiche. Certo, nella loro definizione una ricaduta – più o meno pesante – ha avuto anche la grave flessione della raccolta pubblicitaria (-14,8% fino a maggio, mentre le previsioni per l’anno in corso indicavano un +1,6-2%) che si protrarrà almeno fino a metà 2010. Tuttavia è innegabile che l’offerta delle piattaforme abbia assunto e stia ancora assumendo – e lo farà ancora di più con i progressivi switch off Dtt – una connotazione dettata sia dalle esigenze economiche ed editoriali, che dalle rispettive destinazioni d’uso e di target. Si parte con le reti analogiche, per antonomasia generaliste e di massa. E che, fedeli alla propria mission di andare a individuare il minimo comune denominatore della platea televisiva italiana, hanno predisposto palinsesti – soprattutto per quanto riguarda le produzioni originali – sovrapponibili, quando non uguali. Non manca, qua e là, qualche perla, ma immersa com’è nel blob indefinito di una programmazione generica, disperde ogni carica di originalità. Ovviamente, risulta comprensibile come tale prudenza tenda a semplificare e rassicurare il lavoro dei quanto mai stressati centri media, ma allo stesso tempo si dà l’impressione che – così facendo – questi canali stiano rinunciando a offrire condizioni innovative in grado di profilare la comunicazione pubblicitaria delle imprese anche in ambito mass market. Inevitabilmente, tali obiettivi di target vengono sempre più demandati alle reti satellitari, altrimenti definite tematiche e di nicchia. Che puntano a focalizzarsi sui propri brand (ovvero trasmissioni simbolo), creando – anche grazie alle loro produzioni interne – una sorta di fil rouge che attraversa i singoli palinsesti. In più, con la riproposizione in chiave sat di diversi programmi di punta delle generaliste (vedi Amici, Uomini e donne, L’isola dei famosi, Colorado e altri), strizzano l’occhio all’anima generalista della platea satellitare. Seppur l’apporto di produzione diretta risulti ancora modesto, lo stesso meccanismo si è innescato all’interno delle reti digitali terrestri. Con qualche inevitabile variazione tra quelle free e pay. Infatti, tanto le reti analogiche intendono catturare in un colpo solo l’universo televisivo, altrettanto quelle digitali sembrano convinte del fatto che – eccetto lo zoccolo duro dei teledipendenti (non si sa in che misura permeabile al messaggio adv) – il pubblico tende sempre di più a scegliere anziché a farsi scegliere. Anche a costo di pagare. 4,8mln di abbonati Sky, più gli oltre 3,5mln di Mediaset Premium, ai quali si dovrebbero aggiungere quelli di Dahlia, Nitegate, Conto Tv e quant’altro, per non parlare dell’IpTv di Telecom, Fastweb e Wind, sono la misura di quanto ormai si sia compiuta la profezia di chi pronosticava la fine della Televisione e l’insorgere delle Televisioni. E con esse di palinsesti che avessero magari ingredienti simili (vedi telefilm, reality e informazione), ma proposti in maniera difforme e da consumarsi in contesti differenti. Finalmente, la rivoluzione tecnologica sta cominciando a dettare la linea al contenuto, che va – seppur lentamente – evolvendosi verso format modulabili e replicabili, in grado di porsi in maniera diversa a seconda della piattaforma che lo ospita e del pubblico che lo guarda. Era ora.
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