02 Luglio 2018
Il dito sulla piaga
Premessa e chiave di lettura: il primo a parlare de La sera a Roma, il nuovo libro di Enrico Vanzina, è stato con entusiasmo Antonio D’Orrico sul Corriere della sera, ormai diversi mesi fa. Io sarò probabilmente tra gli ultimi, visto che il libro è uscito a metà inverno, ma ho voluto scrivere questo pezzo perché Box Office è il giornale del mondo del cinema da tanti anni ed è giusto che qui trovi cittadinanza un bel libro scritto da chi di cinema ne ha fatto tanto masticandone, per i celebri natali, fin dalla nascita. Personalmente, faccio parte di quel gruppo di giornalisti, oggi particolarmente (e meritatamente) folto che conosce e stima Enrico e Carlo Vanzina come autori di cinema fin da quando il “cinepanettone” si chiamava ancora “film di Natale”. Anzi, potrei dire, fin da quando declamare le battute di Sapore di mare, Vacanze di Natale o I mitici faceva storcere il naso a colleghi, critici e soi-disants intellettuali che nulla avevano capito della raffinatezza propria dei due popolarissimi fratelli (guai a dirlo! “Popolare” nel cinema era uguale a “populista” nella politica di oggi. Come se gli incassi nelle sale li portassero le élite e non il popolo, appunto, degli spettatori). Per questo fin da uno dei suoi primissimi libri, e cioè Colazione da Bulgari, del 1996, fino a Una famiglia italiana (2010) mi sono affezionato al modo di raccontare di Enrico Vanzina, lo “scrittore” della coppia che, oltre a sceneggiare i loro film e non solo, ha scritto una serie di volumi di lettura satirica della società romana e italiana degli ultimi 30 (e passa) anni, non secondi, devo dire con sincera ammirazione, ai modelli cui quei ritratti erano ispirati, da Ennio Flaiano a Leo Longanesi, da Dino Risi a Ettore Scola. “Maggiori” che traspaiono anche ne La sera a Roma, città teatro di un racconto giallo ma anche, e forse soprattutto, di un decadimento morale degli strati sociali della città stessa, dalla nobiltà (decaduta per antonomasia) al protagonista, alter-ego dell’autore, dagli industriali alle escort. Una storia dove non si salva nessuno, nessuno veramente, in una visione d’insieme che riporta echi alti di molti. Nei gialli metropolitani, dalla Milano di Scerbanenco alla Roma di Gadda.Ma c’è di più, a mio avviso. Come ho scritto nell’sms inviato a Vanzina a fine lettura, c’è in diverse pagine l’impronta di un Simenon mediterraneo, indagatore negli anditi dei palazzi nobiliari come nei motel a ore e perfino nelle moderne palestre della capitale, che a mio avviso è la novità più sensazionale di questo libro cui auguro di cuore, dopo essere stato la sorpresa dell’inverno, di diventare la conferma dell’estate.