CIAO CARLO!
Questa rubrica, fin dal titolo, stavolta mette il dito nella piaga del dolore che il gigantesco pubblico dei suoi tanti film (senza contare la sofferenza dei suoi familiari, e degli amici, compreso chi scrive) prova e proverà per la scomparsa di Carlo Vanzina, morto a Roma – come si ricorderà – nello scorso mese di luglio. Mi sono chiesto perciò se la sofferenza per la scomparsa di Carlo avrebbe magari diminuito la forza comica dei tanti film firmati – di fatto – insieme al fratello Enrico. La risposta l’ho trovata rivendendone alcuni ed è NO. Si ride e si sorride come prima, perché molti dei film dei Vanzina sono davvero entrati nella storia, e forse nella leggenda, del cinema italiano per quanto hanno permeato il modo di esprimersi delle persone comuni, entrando con parole, gag e modi di dire nel quotidiano degli spettatori, vale a dire il trionfo più ambito per qualsiasi cineasta. Si ride oggi davanti a Sordi, Totò, Fabrizi, De Filippo? Bene, si continuerà allo stesso modo a ridere davanti ai film diretti da Carlo Vanzina, orgoglio eterno di papà Steno che proprio quei mostri sacri aveva diretto e di cui Carlo ed Enrico sono eredi, con la loro signorilità, il loro tratto e la caustica ma leggera comicità con cui hanno ritratto i loro connazionali. Se ho fin qui provocato (volontariamente) la nascita di un sorriso sul volto del lettore, malgrado l’argomento, provo a consolidare il tentativo con un episodio molto buffo che fa parte del mio rapporto con Carlo Vanzina, gentiluomo che a causa mia – in quell’occasione, mea culpa… – stava per perdere le staffe. Autunno 2006. Chiedo a Carlo e ad Enrico, impegnati con Olè, il primo film di Boldi senza De Sica, che usciva con Natale a New York, se è possibile includere il remake di un brano dance anni 80 di cui avevo prodotto il remake, titolo No controles (1983). Gentilmente Carlo si dice disponibile e, mandandomi ogni tanto un garbato sollecito, mi chiede la liberatoria da parte del gruppo messicano – sciolto da vent’anni – degli Olè Olè (omonimi del film), autori del brano originale. Io glisso ogni volta perché il mio tramite con loro era il vecchio amico Sandy Marton, la star di People from Ibiza, sempre in giro per concerti e serate o, in alternativa, immerso nel sonno ristoratore dopo le fatiche canore. Arriviamo a fine novembre, e la cosa mi passa di mente, finché Carlo mi chiama direttamente ricordandomi con tono ultimativo che, se entro tre giorni non gli arriva la liberatoria degli Olè Olè, lui deve togliere il mio brano dalla colonna sonora del film già mixato, cosa che non solo costerebbe una cifra assurda ma i cui tempi comprometterebbero l’uscita per Natale. In preda al delirium tremens, comincio a cercare Sandy Marton, convinto che nel frattempo avesse già acquisito la famigerata liberatoria. Lo trovo a Roma, per fortuna, immerso in un sonno senza speranza. Lo svegliamo e capisco con orrore che anche lui s’è scordato di chiamare il legale rappresentante dei disciolti Olè Olè a Città del Messico. In breve, tra bidoni di caffè e crisi di nervi, costringiamo il povero Sandy a riemergere dal letargo e, come un automa, a chiamare in Messico ogni cinque minuti – ignorando il fuso orario – finché quello risponde e manda un fax con la liberatoria al nostro tabaccaio sotto casa. Dopodiché lascio ricadere il corpo esanime di Sandy Marton sul letto e corro ad inviarla alla Video ’80, la storica produzione dei Vanzina. Olè ha incassato 8,3 milioni euro e, fortunatamente, nella cifra, di mio non c’era niente. Per un pelo. Ciao Carlo!
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