MIA, cinema superato dalle serie tv?

“Cinema, we are serial!” è il titolo del convegno, moderato da Piera Detassis presidente della Fondazione Cinema per Roma, che si è svolto questa mattina nell’ambito del MIA – Mercato Internazionale dell’Audiovisivo. Durante la discussione si è approfondito il rapporto tra cinema e serie tv. Un rapporto sempre più sbilanciato verso queste ultime, rispetto al film. Questo il parere di Riccardo Tozzi (Cattleya), storico produttore cinematografico ma autore di successi di serie quali Romanzo Criminale e Gomorra: “Da un lato – ha specificato Tozzi – abbiamo un’industria seriale che sta crescendo e che ha un pubblico globale e che circola ovunque. Ha un’estrema ricchezza ed è innovativa; stanno nascendo imprese che puntano sulle serie e che sono molto forti. L’Italia è uno dei Paesi di punta di questo fenomeno; produciamo serie con una valenza internazionale e possiamo contare su imprese che crescono, si internazionalizzano e che rischiano sul prodotto. Possiamo contare su grandi fenomeni internazionali quali Montalbano, Romanzo criminale, Gomorra ma anche Young Pope. Anche Medici è una novità assoluta nel panorama delle serie”. Il problema è quando si parla di film: “Il cinema, al contrario, in Italia ha un’industria frazionata; è un settore caratterizzato da molte imprese piccole e che non crescono. Il pubblico dei film italiani diminuisce e la circolazione internazionale è limitata. Il tasso di innovazione creativa è complessivamente basso. Credo che sia una situazione generale e non solo nostra ma da noi è più accentuata. La quota del nostro cinema è scesa progressivamente e quest’anno peggiorerà ulteriormente. Intanto si producono tanti film; l’anno scorso 200 film sono andati in sala ma il mercato è caratterizzato da una ventina di titoli sopra i 2 milioni di incasso. Fino al 2013 potevamo dire che stavamo creando una nuova cinematografia, oggi no, anche se alcuni titoli si segnalano fuori dai nostri confini”. Ha continuato Tozzi: “Siamo nati nella produzione di cinema e, quando ci torniamo, ci sentiamo in un deserto senza energia. Però, facciamo bene le serie perché veniamo dal cinema. Ma in cosa sbagliamo, visto che la nostra offerta cinematografica è sempre meno attrattiva? Il fantasy è dominio americano, il drama è della serie e al cinema non rimane che la commedia anche se film come Lo chiamavano Jeeg Robot, Veloce come il vento o Suburra rappresentano una speranza perché hanno puntato sulla narratività e sul genere”.

Nel dibattito, tra gli altri, è intervenuto anche il regista Gianni Amelio, che ha parlato in quanto professore al Centro Sperimentale di Cinematografia: “I ragazzi che arrivano al centro sperimentale hanno ben in mente la serialità. Hanno un’apertura di mente che è molto positiva e che forse noi, da giovani, non avevamo. Prima del cinema è morta la sala e per fortuna sono nati altri mezzi per comunicare con lo spettatore. Perché meravigliarsi se il film si evolve in qualcos’altro che lo contiene (come la serialità fatta bene)? Accanto ai titoli buoni che si continuano a fare, si è affiancato qualcosa che ha cambiato la mente dello spettatore che non si è allontanato da solo dal cinema. E’ stato fatto allontanare da responsabilità diffuse che non siamo riusciti a superare. Ma se lo spettatore è venuto meno, non dobbiamo dire che abbandoniamo il cinema come idea e linguaggio per le serie tv. Noi dobbiamo produrre serie ma arricchendole con tutto quello che il cinema buono ci ha insegnato”. Ha concluso il regista: “Si producono troppi film, vero, ma anche tante serie hanno deluso e tradito il pubblico”.

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