Si torna a parlare di Digital Tax
Quando il governo Renzi si era insediato aveva affermato che non ci sarebbe stata la web tax, che imponeva ai colossi internazionali senza sede in Italia una tassazione nazionale. Ma lunedì scorso sembrerebbe che ci sia stato un cambio di rotta e lo stesso primo ministro ha annunciato la digital tax, per «far pagare le tasse nei luoghi dove si fanno transazioni e affari», precisando che sarà legge solo dal primo gennaio 2017. In realtà non si tratterebbe di una nuova tassa in senso stretto, dato che la proposta su cui si sta discutendo prevede di assoggettare al regime fiscale italiano le società che realizzano in modo continuativo per più di sei mesi transazioni digitali per almeno 5 milioni annui con una ritenuta alla fonte sulle transazioni del 25%. Sembrerebbe, però, che la dichiarazione di Renzi abbia il solo scopo di “pungolare” l’Unione Europea, che ancora non ha trovato una soluzione sulla questione delle multinazionali che fino a questo momento hanno sfruttato le tassazioni agevolate di alcuni paesi EU e la mancanza di un norma unitaria in merito. Secondo quanto riportato da Il Corriere della Sera anche per Carlo Carnevale Maffè, docente di Strategia e politica aziendale dell’Università Bocconi, si è trattato «di una boutade: sarebbe illegale e inapplicabile una norma che viola l’impegno di attendere l’Ocse». L’Organizzazione per la cooperazione economica infatti starebbe definendo dei patti sovranazionali per evitare l’elusione fiscale da parte dei colossi internazionali. Lo stesso Renzi ha sottolineato che “stiamo aspettando da due anni che ci sia una legge europea» ed ha rimandato la decisione definitiva alla prossima estate, se non ci dovesse essere nessuna mossa da parte UE si procederà con una norma nazionale inserita nella legge di stabilità.
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