Geoblocking UE, 619 firme per preservare le limitazioni agli acquisti audiovisivi

Tra i firmatari che si oppongono alla proposta europea, ci sono anche Anica, Sky, Paramount e Warner Bros. Discovery

Il prossimo 13 dicembre 2023, il Parlamento europeo è chiamato a votare una proposta avanzata dall’eurodeputata Karen Melchior che punta ad allargare i confini del regolamento introdotto nel 2018 relativo al cosiddetto geoblocking. In quell’occasione è stata scritta la parola fine ai blocchi territoriali che impedivano acquisti online in base alla localizzazione, una restrizione che si vuole ora rimuovere anche dal settore audiovisivo.

A questa misura si oppongono diverse grandi realtà italiane ed europee: sono 619 i firmatari di una lettera aperta che hanno deciso di lanciare un forte appello ai parlamentari dell’Unione Europea, per convincerli ad opporsi alla richiesta di includere anche i servizi audiovisivi nella regolamentazione Ue sul geoblocking. Tra loro ci sono anche Anica, Motion Picture Association, Sky, Paramount, Rtl, Warner Bros. Discovery e le realtà legate al calcio italiano e non, ovvero Uefa, Lega Serie A e Premier League.

Nell’appello diffuso, sostengono che se dovesse passare la modifica del regolamento, che permetterebbe a cittadini europei di Stati diversi di poter acquistare online prodotti audiovisivi che non fanno parte dei propri confini nazionali (come accade già per altri settori), allora l’intero settore ne risentirebbe: “Sarebbe a serio rischio la sostenibilità economica del settore calcio e film in tutta Europa – sostiene l’ad di Lega serie A, Luigi De Siervo – Impatterebbe in modo negativo sugli stessi consumatori che avrebbero meno scelta di contenuti con aumento conseguente del prezzo”.

La proposta europea punta a rinsaldare il mercato unico e includere i prodotti che ancora conservano esclusività territoriale, giustificata al momento con la necessità di preservare la diversità culturale e linguistica, ma anche per ragioni economiche. Se gli utenti potessero acquistare abbonamenti di altri Paes – come ad esempio quelli di Dazn, Sky ma anche Netflix e Prime Video – non converrebbe più alle stesse realtà investire certe somme per i diritti di un determinato Paese. 

I firmatari si appellano ai parlamentari europei: «L’intero settore conta su di voi per assicurare che il Parlamento europeo non metta a repentaglio un settore da 47 miliardi di euro, composto in gran parte da Pmi e creatori individuali, per oltre 2 milioni di posti di lavoro nell’Ue».

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