Giocattolo: la ricerca “Gender, Toys and Learning”

L’attività ludica incoraggia o inibisce alcune abilità nei maschi e nelle femmine. Gli studiosi, come dimostra una recente ricerca inglese, sono tornati a occuparsi dei cosiddetti gender studies (studi di genere) nel gioco e nell’apprendimento (dopo che per decenni erano stati accantonati in quanto considerati sorpassati) e hanno scoperto stereotipi che si pensavano scomparsi. Becky Francis, professore di pedagogia alla Roehampton University, ha guidato infatti uno studio dal titolo Gender, Toys and Learning, («Genere, giocattoli e apprendimento»), intervistando i genitori di 60 bambini dai tre ai quattro anni sul gioco preferito dai figli, esaminando l’offerta dei negozi del settore e individuando un divario crescente tra femmine e maschi nella tipologia dei giochi. I produttori di giochi stanno diversificando sempre di più la propria produzione a seconda che i destinatari siano maschi o femmine. Ciò influisce inevitabilmente sul potenziamento di alcune capacità (o viceversa): le bambole stimolano le abilità comunicative e introspettive, l’altruismo e la cura, mentre le costruzioni sollecitano la manualità e aiutano a risolvere i problemi. Alle femminucce piacciono le bambole, ai maschietti piacciono i lego. Il rosa è il colore delle bimbe, alle quali piace molto vestire, acconciare e pettinare le bambole, mentre i bimbi prediligono colori accesi, amano smontare i giochi e risolvere i problemi. In parte questo comportamento corrisponde a una differenza genetica (e non solo appresa), tanto è vero che è riscontrabile persino nei primati. Uno studio del 2005 della professoressa Melissa Hines della Cambridge University evidenziava infatti che i giovani primati, se lasciati in una stanza piena di giochi, si indirizzano naturalmente a seconda del genere, manifestando i maschi una preferenza verso le macchinine e le femmine verso giochi morbidi o bamboline. E l’industria ludica orienta sempre di più questa diversità, rafforzandola.

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