Cover Story: Mario Lorini e l’urgenza di ripartire dall’esercizio

Il presidente Anec fa il bilancio di questi anni alla guida dell'associazione evidenziando le criticità del settore e proponendo soluzioni per la crescita del mercato. Intanto al Ministero chiede una road map ben precisa

Di seguito un estratto dell’intervista a Mario Lorini, presidente Anec, pubblicata su Box Office del 15-30 aprile (n. 7-8). Per leggere il testo integrale, scaricare la versione digitale dall’app di Box Office su Google Play e App Store, o abbonarsi direttamente alla versione cartacea della rivista.

A inizio 2020, a circa metà del suo mandato in veste di presidente dell’Associazione Nazionale Esercenti Cinema (Anec), Mario Lorini si è trovato a fare i conti con uno dei momenti più drammatici della storia del cinema: la pandemia. Eppure, nonostante le difficoltà, in questo periodo Lorini non si è mai risparmiato per cercare di rispondere con tempismo ed efficacia alle urgenze di uno dei settori più colpiti dall’emergenza sanitaria, riuscendo a ottenere dal Ministero della Cultura importanti risorse a sostegno delle perdite dell’esercizio (a febbraio sono stati stanziati altri 25 milioni) e avviando un confronto sui temi della ripresa, tra cui il ritorno a una regolamentazione della window theatrical. Uno sforzo che prosegue incessantemente e che lo vede tuttora in prima linea insieme al suo Consiglio di Presidenza – coadiuvato dal direttore generale Anec Simone Gialdini – nel dialogo tra le altre associazioni di categoria e con il MiC per tutelare un esercizio ancora in forte sofferenza. Una situazione aggravata in questi ultimi mesi dal vertiginoso innalzamento dei costi energetici di gas e luce, causati anche dall’inasprimento delle tensioni internazionali e dalla terribile guerra in Ucraina, che ha portato a vere e proprie stangate sulle bollette delle sale. Oggi Anec conta 3.100 schermi iscritti, rappresenta ogni tipologia di esercizio ed è un punto di riferimento per tutto il settore. «Ogni tanto qualcuno rimette in discussione il ruolo delle associazioni, ma credo che questa esperienza abbia dimostrato quanto esse siano necessarie», commenta Lorini.

(© Michele Fradella/courtesy of Anec)

Facciamo un punto della situazione sulle risorse complessive stanziate a favore dell’esercizio in questi due anni di pandemia.
In questo periodo il MiC ha erogato complessivamente 175 milioni di euro dal fondo emergenza (di cui 20 milioni stornati dal fondo del piano straordinario sale), oltre a 12 milioni stanziati per le arene estive. Il Ministero ha poi investito 2,5 milioni di euro sull’attuale campagna di comunicazione per incentivare il ritorno del pubblico al cinema (iniziativa in cui è rientrato anche lo spot All-Star). Altri sostegni pubblici, come per altre attività in crisi, hanno riguardato il welfare, quindi la cassa integrazione e alcuni incentivi ed esenzioni messe in campo per mitigare in parte affitti e imposte.

Gli ultimi 25 milioni di euro all’esercizio sono stati un traguardo importante. Ma per quanto ancora si potrà contare su ristori?
Queste risorse sono state prelevate dai restanti 50 milioni di euro del fondo emergenza in dotazione al MiC e rappresentano un segnale positivo che dimostra l’attenzione del Ministero della Cultura verso il nostro comparto. Certo, i sostegni del Governo sono stati importanti ma non risolutivi: il mercato cinematografico italiano ha perso molto terreno e nel 2021 il box office non è risalito come in altri Paesi. Oggi il tema è comprendere quali azioni mettere in campo per far ripartire velocemente il mercato in un contesto completamente diverso dal passato.

(© iStock)

Quindi quali sono i prossimi step per risollevare le sorti dell’esercizio?
In una situazione ancora complicata per il nostro Paese (non ultimo il contesto bellico su scala mondiale), ora la nostra priorità è che il Mic tracci una road map delle azioni di sua stretta competenza. Nello specifico, sono tre i punti di lavoro più urgenti attualmente sul tavolo: il calendario dell’allentamento dei protocolli sanitari, la cronologia theatrical e il contenimento dei costi energetici, che sta mettendo ulteriormente in ginocchio le nostre attività. E sempre in ambito di compiti e azioni istituzionali, sarà importante il definitivo assetto del riparto del fondo cinema e audiovisivo, previsto dalla legge cinema, mentre sono allo studio modifiche ad alcune forme di sostegno come il tax credit all’esercizio, in un’ottica generale di riequilibrio per consentire una strutturale sostenibilità. Nel frattempo il settore deve coordinarsi per avviare un piano di comunicazione e promozione con al centro il ritorno del pubblico in sala, pianificando un’offerta forte e appetibile di prodotto italiano e internazionale nei prossimi mesi.

In un contesto pandemico ancora irrisolto, non crede che le distribuzioni debbano concentrare i propri sforzi in estate?
Sicuramente la prevedibile flessione estiva della curva epidemiologica, i risultati positivi al box office di alcuni prodotti nazionali ad agosto 2021 e il grande successo di “Moviement” nel 2019, dovrebbero incentivare le produzioni e distribuzioni a tornare a investire sui mesi più caldi. Un periodo che, se riuscisse a ottenere i risultati sperati, potrebbe fare da apripista alla prossima stagione autunnale/invernale con rinnovato entusiasmo. Al momento, però, l’estate sembra ancora appannaggio dei blockbuster americani – in un certo senso è comprensibile, essendo loro storicamente i protagonisti di questo periodo – e continuano a mancare all’appello i film nazionali. Dobbiamo invertire questa tendenza, perché per crescere ogni mercato ha bisogno della spinta aggiuntiva della cinematografia nazionale. Oggi la produzione italiana sta vivendo un periodo di grande fermento ed è, perciò, fondamentale che dia il suo contributo. Un’interruzione della programmazione in estate, quindi durante il ritorno alla normalità, sarebbe un grave errore. Serve continuità nell’offerta in sala e credo che l’industria abbia la responsabilità di mettere in campo alcuni dei propri assi migliori per incoraggiare il pubblico, le sale e l’intero mercato. Per questo insisto molto sul tema del cinema italiano, perché alla base del ritorno del pubblico in sala c’è sempre il prodotto e un calendario di uscite spalmato su tutto l’anno.

(© iStock)

Come sarebbe la sua estate ideale quest’anno?
Innanzitutto andrebbero confermate le uscite di tutti i film internazionali in programmazione nei principali Paesi europei. Le produzioni italiane dovrebbero arricchire l’offerta generale valutando le opere già pronte e tenendo conto della necessità di una proposta diversificata che intercetti la più ampia gamma di pubblico. Le nostre sale non possono basare la loro programmazione unicamente sui titoli commerciali, a maggior ragione se pensiamo ai cinema di città. Non dimentichiamo che ad aprile 2021 sono state proprio le piccole sale cittadine e i circuiti indipendenti ad aprire per primi e a dare un’iniezione di fiducia al settore ottenendo i risultati migliori al box office con film come Nomadland, Un altro giro e The Father. Per questo è decisivo che anche le produzioni italiane mettano a disposizione film commerciali, d’autore, di qualità, ecc… Senza contare che l’esperienza acquisita nel 2019 è un pilastro su cui dovremo continuare a costruire. L’estate è davanti a noi e servono azioni coraggiose. Se i listini si arricchiscono sapremo rispondere a tutti i target di pubblico, senza trovarci con parte dell’esercizio alla ricerca di un prodotto inesistente. In questo momento c’è un grande endorsement verso la sala, ma bisogna passare dalle parole ai fatti. Serviranno teniture più lunghe? Sicuramente sì. Va migliorato il rapporto tra esercizio e distribuzione? Sì, c’è ancora strada da fare e vanno affinate pratiche già ampiamente in atto sulla programmazione flessibile. Va poi fatto un grande lavoro attorno alla progettazione di un’opera filmica: i titoli che escono in sala devono essere all’altezza del grande schermo, dobbiamo fare scelte più mirate che sorprendano sempre lo spettatore e rendano unica e irripetibile questa esperienza condivisa.

Possiamo dire che il cinema sia stato discriminato, in termini di restrizioni, rispetto ad altre attività?
Purtroppo sì, il Ministero della Salute e il Governo sono stati fin troppo rigidi adottando misure che, oltre a danneggiare i nostri business, sono risultate molto più penalizzanti rispetto a quelle di altre attività che potremmo definire più “a rischio” in termini di contagio. Tra l’altro le limitazioni imposte sono sempre arrivate con scarso preavviso, spesso ai limiti della giustificazione, in quanto i cinema hanno dimostrato a più riprese di essere tra i luoghi più sicuri, sia perché strutturati per accogliere grandi quantità di persone, sia perché le presenze in quei periodi non erano particolarmente alte. Nel tempo questa discriminazione ha reso il pubblico più timoroso a causa delle forti restrizioni e di una propaganda mediatica che non ha contribuito a una sana e graduale ripartenza del mercato. Il più colpito è stato soprattutto il target adulto, inevitabilmente quello più prudente e spaventato dall’epidemia. Per questo oggi si rende necessaria una road map precisa e coerente sull’allentamento delle misure e auspichiamo che il Governo garantisca al più presto linee guida e tempi certi.

(© Michele Fradella/courtesy of Anec)

L’anno scorso ci sono state tensioni tra Anec e i produttori sul decreto finestre di 30 giorni per i film italiani. Come sono oggi i rapporti con l’unione produttori Anica?
L’Anec ha sempre lavorato per un dialogo costruttivo con tutta la filiera, nella convinzione che un grande passo avanti verso gli interessi di tutti comporta sempre un piccolo passo indietro verso l’interesse personale. Abbiamo un rapporto franco con l’unione produttori Anica, così come con l’unione editori e distributori Anica. Ci siamo lasciati alle spalle il decreto finestre di 30 giorni per i film italiani, che nel tempo si è rivelato inefficace, e le difficoltà nel trovare posizioni convergenti sulla cronologia filmica in un contesto pandemico. Ora siamo alle prime battute di un nuovo processo di revisione della cronologia.

Parlando di window theatrical, a che regolamentazione andremo incontro per il prodotto filmico italiano e internazionale?
Siamo di fronte al ripristino di una window theatrical sulla falsa riga di quella del decreto Bonisoli per il prodotto cinematografico italiano, con una finestra leggermente più bassa – fissata a 90 giorni – e meccanismi di flessibilità temporali per diverse tipologie di film. Questo rappresenta il primo passo per completare un percorso legislativo che regolamenti anche i film internazionali, passaggio fondamentale per per ristabilire l’ordine e per dare regole chiare a un pubblico ormai disorientato. Inoltre, dopo un lungo periodo di deregulation, le stesse major hanno rivisto le proprie strategie rendendosi conto che finestre theatrical troppo corte e uscite day-and-date cinema/piattaforma non portano i risultati sperati e non consentono di massimizzare i profitti dei film. La stessa Francia, che registra le migliori performance in sala a livello europeo (pur in un contesto radicalmente diverso dall’Italia), presenta window ben più rigide delle nostre.

(© Getty Images)

Penso sia d’accordo nell’affermare che oggi la priorità dei cinema sia una sola: far tornare il pubblico in sala. Idee concrete?
Bisogna continuare a valorizzare il ruolo della sala in tutti i suoi aspetti sociali, culturali e di carattere industriale. Resta poi centrale far leva su un’offerta di film adeguata per la sala: produzioni e distribuzioni dovrebbero proporre opere per tutte le tipologie di pubblico distribuendo il prodotto per tutto l’arco dell’anno. Andrebbe avviata anche una progettazione strutturata e costante per promuovere adeguatamente l’esperienza cinematografica, evitando iniziative solitarie ma lavorando con azioni di sistema. Non bastano gli spot All-Star, nonostante siano importanti.
La figura dell’esercente è chiamata a reinventarsi e a mettere in campo nuove strategie, dalla profilazione del proprio pubblico, a nuove forme di marketing, fino una nuova pianificazione di eventi per tutti i target in diverse fasce orarie, sempre con la giusta attenzione al livello di comfort e accoglienza della sala. Ci tengo a sottolineare che Anec sarà al fianco dell’esercizio con la progettazione di corsi di formazione e workshop volti a migliorarne le competenze. Non possiamo pensare che questa trasformazione sia possibile in tempi rapidi ma ci lavoreremo con impegno e attenzione. Serviranno strategie condivise e nuove risorse per investire su figure giovani e competenti da affiancare all’organizzazione e alla gestione della sala del futuro, aperta ad una molteplicità di azioni e iniziative. Un tema a parte, ma non per questo meno strategico, riguarda l’insieme delle azioni che verranno messe in campo con i nuovi bandi del cinema per la scuola attraverso risorse straordinarie (circa 54 milioni di euro), dove enti e istituzioni scolastiche, soggetti pubblici e privati, potranno creare le condizioni per un percorso di alfabetizzazione ed educazione al linguaggio cinematografico e audiovisivo rivolto a scuole di ogni ordine e grado, contribuendo in modo decisivo a riaccendere l’amore e l’interesse per il cinema.

Gran parte dell’esercizio è ancora indietro a livello di marketing. Come si può invertire questo trend?
Anche sul fronte marketing abbiamo previsto una serie di corsi formativi che terranno conto delle specificità di ciascun esercente, nell’ottica di aggiornare le modalità di comunicazione sui social, partendo dalle basi. Questo percorso di formazione è ancora più essenziale dopo due anni di pandemia che hanno portato a un’accelerazione della digitalizzazione. Intendiamo così promuovere e allargare…».

Per leggere il testo integrale, scaricare l’app di Box Office su Google Play e App Store, o abbonarsi direttamente alla versione cartacea della rivista.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
In caso di citazione si prega di citare e linkare boxofficebiz.it