Del Brocco: «Bisogna rivedere le priorità del cinema italiano»

Dopo aver investito ingenti risorse nel cinema italiano, l’amministratore delegato di Rai Cinema si prepara a rimodulare alcune strategie di sviluppo dei progetti futuri

Di seguito un estratto dell’articolo pubblicato su Box Office del 15-30 maggio (n. 9-10). Per leggere il testo integrale clicca QUI, scarica la versione digitale dall’app di Box Office su Google Play e App Store, o abbonati direttamente alla versione cartacea della rivista.

«Garantire un livello alto è l’unico modo per cercare di ricostruire un patto con il pubblico del cinema nel luogo del cinema: la sala». Con queste parole Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema, rimarca la necessità di alzare l’asticella della qualità produttiva, elemento essenziale per rendere più attrattiva l’esperienza del grande schermo. A maggior ragione in questo momento storico di grande sofferenza per il cinema. «L’ultimo biennio è stato condizionato dalla pandemia e il rischio di una crisi del comparto con aziende chiuse, perdita di posti di lavoro, mancata creazione di valore era reale», spiega Del Brocco. «Così non è stato grazie all’intervento del Governo, che ha messo in campo misure straordinarie, e ai produttori, che sono riusciti ad adottare misure di sicurezza idonee. Anche i distributori e l’esercizio hanno dato grande prova di resilienza. Per questo ora serve il giusto supporto ai segmenti della filiera che hanno sofferto maggiormente. Rai Cinema ha fatto la propria parte supportando le produzioni da cui partono tutte le economie della filiera mantenendo acceso il motore della nostra cinematografia investendo, nel biennio 2020-21, su 135 film e 55 film documentari, per un valore di 150 milioni di euro, collaborando con 120 diverse società e 180 registi. Abbiamo inoltre protetto il listino di 01, credendo fermamente che la collocazione prioritaria dei film debba essere in sala».

Ora che l’emergenza sanitaria è più sotto controllo, come proseguirà il vostro impegnoproduttivo? Come vede i produttori italiani oggi?
I produttori italiani nella difficoltà sono cresciuti molto. Auspichiamo un ritorno alla normalità da un punto di vista produttivo, anche in termini editoriali. Rispondendo ad istanze strategico-industriali abbiamo dato un impulso fortissimo alla produzione italiana anche con risorse che in una situazione normale sarebbero state utilizzate per una pianificazione futura. Anche per questo alcune richieste, da parte di produttori dimensionalmente più strutturati, non potranno essere del tutto evase nel 2022. È una questione anche di pluralismo produttivo che deve essere garantito. In tal senso spero che quanto fatto da Rai Cinema non sia dimenticato; in questa fase l’interesse generale deve superare l’interesse particolare, interpretando il nostro intervento come una partnership industriale per cui si condividono impegni e obiettivi. Il nostro presidio editoriale deve tornare ad essere un fattore critico di successo per alzare l’asticella della qualità dei progetti, fatto fondamentale per un’industria che deve ricostruire un rapporto di fiducia con il pubblico in sala.

Berenice Bejo, la regista Francesca Archibugi e Pierfrancesco Favino sul set di Il colobrì (©Enrico De Luigi)

Questa rimodulazione riguarderà anche gli sviluppi delle sceneggiature?
Rai Cinema ha sempre inteso gli sviluppi come un’attività di ricerca. Attraver lo sviluppo è possibile sondare la bontà di una storia, accompagnarla editorialmente a maturazione, ma non può essere inteso come una garanzia alla produzione. Avendo notato come questo non sia totalmente compreso e non volendo creare aspettative difficili da soddisfare, abbiamo deciso che per l’anno in corso non procederemo ad ulteriori sviluppi.

Ultimamente si parla spesso di “centralità della sala”, ma l’esercizio appare in grande difficoltà.
In un momento dove si tirano le somme degli effetti della legge, che si è dimostrata virtuosa e grazie alla quale la produzione italiana oggi risulta vitale, le sale sono drammaticamente vuote. La necessità di una prima uscita in sala è dettata da concrete esigenze economiche e di strategia di sistema. La sala ha sempre determinato il posizionamento di un film rendendolo un vero prodotto dell’industria culturale, come un libro per esempio, il cui ciclo di vita supera la mera esperienza di consumo. Gli sfruttamenti di un film grazie alla sala, sono duraturi nel tempo e, al contrario di altri prodotti audiovisivi, l’opera cinematografica si presta anche ad una seconda visione. Grazie al lancio per l’uscita cinematografica si amplifica il valore dello star system, del placement, delle film commission e dei vari portatori di interesse del film. Spesso assistiamo all’assenza promozionale del film che diviene immediatamente parte di una molteplicità di prodotti indecifrabili per il pubblico, senza una vera valorizzazione e la costruzione di un immaginario, anche in termini pratici di marketing e posizionamento. Il rischio è che il film oggi sia percepito come un contenuto che si esaurisce alla prima esperienza di consumo, dimenticando che i vantaggi di una vera uscita in sala ricadrebbero a valle su tutta la filiera, anche per le piattaforme, valorizzando gli sfruttamenti per i mercati secondari. A questo si aggiunge il danno per la finestra theatrical che nel 2019 ha garantito 920 milioni di incasso tra box office e concessions.

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