Stan McCoy (MPA): “ecco cosa serve per combattere la pirateria audiovisiva”

Il presidente e Managing Director Emea di Motion Picture Association spiega il suo punto di vista per contrastare la propensione alla fruizione illegale

Di seguito un estratto dell’intervista a Stan McCoy, presidente e Managing Director Emea di Motion Picture Association (MPA), pubblicata su Box Office del 30 ottobre (n. 17). Per leggere il testo integrale, scaricare la versione digitale dall’app di Box Office su Google Play e App Store, o abbonarsi direttamente alla versione cartacea della rivista.

Abbiamo bisogno di un’offerta legale forte, un’educazione che spinga le persone a fruire esclusivamente contenuti legali, e una rigida applicazione delle leggi esistenti». È questo il credo di Stan McCoy, presidente e Managing Director Emea di Motion Pictures Association (MPA), per invertire quella propensione alla fruizione illegale ormai consolidata nelle nuove generazioni. Volto noto nel mercato audiovisivo italiano – stretto il legame con Fapav e sua la recente visita a Cinecittà – McCoy potrebbe essere definito come il braccio operativo di MPA, che si appresta a celebrare il 100° anniversario dalla sua fondazione.

Quali conseguenze ha avuto la pandemia sulla fruizione illegale e sulla diffusione della pirateria?
La pirateria è stata solo una delle tante sfide che la pandemia ha portato al nostro settore. Abbiamo registrato un picco nel consumo illegale appena i Governi hanno annunciato le misure di lockdown in tutta Europa. Una tendenza che si è poi stabilizzata nei mesi successivi. Secondo i dati Ipsos diffusi da Fapav a luglio 2021, l’incidenza globale della pirateria è quasi tornata ai livelli pre-pandemia (37% nel 2019), attestandosi ora intorno al 38% (rispetto al 40% registrato durante il lockdown). Fortunatamente abbiamo assistito anche a un aumento di abbonamenti alle offerte legali. Nel complesso, i cittadini europei hanno trascorso molto tempo a guardare film e serie Tv, sia legalmente che illegalmente. Secondo l’indagine Ipsos, durante il periodo di quarantena il 50% dei consumatori italiani ha dedicato più tempo alla fruizione di contenuti audiovisivi su base giornaliera.

In che modo il Digital Services Act, una volta approvato dalla Commissione Europea, potrebbe facilitare la lotta alla pirateria nel Vecchio Continente?
Da quando è stata adottata la direttiva sul commercio elettronico (oltre 20 anni fa), il Digital Services Act (DSA) è uno dei primi tentativi di aggiornare il quadro base riguardante gli obblighi e le responsabilità online. L’obiettivo della Commissione Europea nel lanciare il DSA e il Digital Markets Act (DMA) a dicembre 2020 era quello di fornire un ambiente online più sicuro per i cittadini europei e di mettere un freno ai contenuti illegali. Per usare le parole della Commissione stessa: ciò che è illegale offline, deve essere illegale anche online. Il settore audiovisivo ha accolto con favore questo obiettivo della Commissione, poiché abbiamo sempre affermato che i nostri contenuti e film hanno bisogno di un’adeguata protezione online. Ma nella sua forma attuale, la proposta è carente di elementi chiave. Per questo il nostro settore sta unendo le forze per assicurare che il DSA sia in grado di dispiegare il suo pieno potenziale.

Il DSA include anche nuovi principi come “Notice and Stay Down” e “Know Your Business Partner”. Di cosa si tratta?
Collettivamente il settore audiovisivo ha chiesto: 1) un forte regime di responsabilità: questo significa che non si devono in alcun modo aumentare i privilegi dei fornitori di servizi che operano da intermediari, così come dei servizi che si dedicano ad attività illegali o che le facilitano senza rispettare gli obblighi fondamentali di due diligence; 2) preservare le misure attualmente disponibili per contrastare i contenuti illegali, evitando di renderle più onerose, di aumentare la burocrazia, o di indebolirle; e 3) ampliare la norma KYBC (cioé sapere chi è il proprio cliente commerciale). L’attuale orizzonte di “Know Your Business Customer” è troppo ristretto, in quanto limitato ai mercati online, escludendo così lo streaming illegale e altre forme di pirateria online. Per questo gli obblighi di KYBC devono essere ampliati per coprire anche i servizi infrastrutturali a beneficio dei pirati e altre attività illegali, compresi la registrazione dei domini e i fornitori di servizi di hosting, delle reti di distribuzione dei contenuti, di servizi pubblicitari e a pagamento. Bisogna passare a una fase di Notice and Action, altrimenti oggi i titolari dei diritti sono costretti a continuare a richiedere la rimozione dello stesso contenuto illegale addirittura per centinaia o migliaia di volte.

L’anno prossimo ricorreranno i 100 anni dalla fondazione di MPA. Quali sono i fronti di lavoro più urgenti su cui l’associazione sta attualmente lavorando?
Continueremo a difendere e a promuovere l’ideazione e la distribuzione dei contenuti creativi che il pubblico ama in tutto il mondo. Dovremo certamente combattere nuove forme di pirateria. Ad esempio, solo pochi anni fa nessuno aveva sentito parlare di pirateria IPTV. Oggi, in particolare in Italia, la pirateria IPTV è cresciuta drasticamente e ora si attesta intorno al 21%. Un’altra tendenza emergente a cui stiamo assistendo è il “Cybercrime as a Service”, dove non è più necessario essere tecnicamente sofisticati per diventare un criminale informatico e impegnarsi in attività come la pirateria o il ransomware. È possibile acquistare un pacchetto tutto incluso da terzi che lavorano per fornire tutto il necessario per infrangere la legge, compresi siti web pirata completamente funzionanti. Gli hacker sono molto fantasiosi, ma MPA, Ace e partner locali come Fapav continueranno sempre a rompere loro le uova nel paniere.

C’è un legame molto stretto tra MPA e Fapav. Su cosa state collaborando attualmente?
Fapav è da molto tempo un partner e un alleato fidato di MPA in Italia. È in gran parte grazie agli sforzi dell’industria audiovisiva, concertati…

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