Vittorio Gassman, il mattatore approdato a Hollywood

Nell’anno dei 100 anni dalla nascita, cerchiamo di scattare una fotografia dell’incasellabile attore italiano. Protagonista indelebile delle grandi commedie di Monicelli, Risi e Scola, applauditissimo interprete teatrale e televisivo, il suo talento è stato sfruttato anche da importanti registi internazionali, in primis Robert Altman

Di seguito un estratto dall’articolo pubblicato su Italian Cinema del 30 agosto/15 settembre (n. 3), trimestrale in allegato a Box Office. Per leggere il testo integrale, scaricare QUI i pdf del magazine.

L’attore ideale, per fortuna, non esiste. Scriveva così Vittorio Gassman tra le pagine della sua autobiografia, dove aggiungeva che questo lavoro “è un misto tra una puttana e un sacerdote”. Da una parte attinge da ciò che Gassman stesso de niva la “ganga” bruta, cioè la materia grezza, sporca, dell’esistenza; dall’altra, affonda le sue radici in un terreno che è di natura rituale, per non dire religiosa. Del resto, di santi e di gli di buona donna, Vittorio Gassman ne ha interpretati parecchi. Detto ciò, però, non si dispiacerà al sommo interprete, da tutti soprannominato “il mattatore” come l’omonimo show televisivo che condusse per la RAI nell’ormai remoto 1959, se a cent’anni dalla sua nascita, e a 22 dalla scomparsa, possiamo affermare che nessuno è ancora riuscito ad avvicinarsi a quella perfezione negata dell’attore come lui solo è riuscito a fare.

La carriera di Gassman è stata un tutt’uno con la sua vita. Prima di tutto, il teatro, che fu e rimase sempre il suo più grande amore, in particolare Edmund Kean. È il cinema, però, che lo ha aiutato a sembrare, e poi a diventare, più simpatico, giacché lui stesso si de niva “un timido antipatico”. Particolarmente terapeutici sono stati i ruoli che comportavano una certa distorsione somatica, come spesso accadeva nei lm degli amici della commedia all’italiana Monicelli, Risi e Scola che gli permisero di spaziare tra personaggi complessi e caratteri a tutto tondo, piccoli e grandi, belli e brutti. Troppo comodo citare Il sorpasso, I mostri, Profumo di donna (che gli valse la Palma d’Oro a Cannes nel 1975), C’eravamo tanto amati o L’armata Brancaleone (apprezzatissimo in Spagna) per cercare di riassumere in un pugno di titoli alcune delle sue performance migliori. Per il sottoscritto, ad esempio, è Anima persa di Dino Risi a rappresentare la quintessenza dello spettro recitativo che Gassman possedeva e a cui un attore, oggi, dovrebbe puntare, volesse mai tentare di emularlo. Ma anche così, abituato com’era a muoversi ai piani alti delle belle arti e della cultura, Gassman non hai mai disdegnato linguaggi più popolari. Come la televisione e l’avanspettacolo, con cui ha sempre flirtato. In primo luogo, perché Gassman diffidava degli attori che si misurano col bilancino, rischiando cioè poco o nulla. Una carriera senza un certo numero di errori che possono anche degenerare nella catastrofe – soleva dire – è monca e, quel che è peggio, fa perdere la benzina necessaria per riavviare il motore e cercare nuove strade.

In secondo luogo, e forse questa è una delle più belle e grandi verità che ci ha lasciato, un attore completamente sano è un controsenso. Al giornalista Enzo Biagi, che lo intervistò nel 1996 (anno di pubblicazione della sua autobiografia, ma anche del Leone d’Oro alla carriera che Venezia gli consegnò), Gassman disse che ciò che manca alle nuove generazioni di attori è quel tanto di pazzia e di malattia che secondo lui rappresenta uno degli ingredienti fondamentali del cocktail dell’attore.

Ripercorrere e celebrare vita e carriera di Vittorio Gassman, allora, non è tanto un atto dovuto, né nostalgico. Significa più che altro aprire gli occhi su una lunga e vivace fase del cinema italiano che, anche e soprattutto grazie a un attore versatile e generoso come Gassman, ha saputo diventare un modello seguito ed esportato anche all’estero. Con Gassman, l’attore non conosceva limiti e si metteva completamente al servizio del lm e del personaggio da interpretare. Non solo si adattava alle storie e ai ruoli; aderiva come nessun altro al mezzo con cui interagiva: teatro, tv o cinema che fosse. Gassman, sostanzialmente, era attore a 360°, qualità che gli ha permesso, oltre che di surfare tra i generi e i linguaggi, di oltrepassare le frontiere del cinema italiano e, attraverso l’Europa, approdare a Hollywood già a partire dagli anni ’50, quando recita in alcune produzioni americane, tra cui il kolossal Guerra e pace di King Vidor al fianco di Audrey Hepburn, Henry Fonda e Mel Ferrer. Tra i suoi più grandi estimatori c’è stato Robert Altman, che l’anno dopo lo volle al anco di Paul Newman in Quintet (1979). Sono seguiti il cult demenziale The Nude Bomb di Clive Donner (1980), Pelle di sbirro di e con Burt Reynolds (1981) e Tempest di Paul Mazursky (1982), senza dimenticare….

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