NON SERRATE I CANALI, PLEASE!

Ci sono poche, pochissime certezze nell’esistenza di un telespettatore medio. Una di queste rarità è che, ancora poche settimane, e si assisterà allo smantellamento dei palinsesti delle generaliste. Certo, il 2014 è un anno pari, che potrà quindi avvalersi del prezioso contributo dei Mondiali di calcio, ma – diciamocela tutta – non risolve la questione. I volti vanno in vacanza, i programmi chiudono i battenti, i direttori di rete si concentrano sulle variabili dell’offerta autunnale, che coinciderà con l’avvio del periodo di garanzia. Quindi, partite a parte, per tre mesi tre, l’offerta televisiva procederà più che a basso regime, in folle: repliche a gogò, nei casi migliori qualche pilot o qualche soap o film tedesco piuttosto che indiano. Una goduria: con buona pace del telespettatore, che continuerà a sbraitare contro una tv che non propone alternative. Non ci si stupisca poi se, a ogni inizio d’anno, le (inveterate) lamentele sul canone allettano e alimentano il seguito di tanti demagoghi che vorrebbero eliminarlo. Per non parlare delle audience che vanno a “pascolare” definitivamente altrove…
Certo, la congiuntura economica suggerisce di mantenere il basso profilo, si risparmia sui budget e così sia, ma c’è di che dare ragione a chi sostiene che esista un – più o meno tacito – patto di non belligeranza balneare tra Mediaset e Rai. Non si spiegherebbe altrimenti l’andazzo. Il che va a tutto beneficio delle poche reti tematiche free che rimangono veramente “accese” e a lode di quelle pay, che non a caso ormai lanciano diverse novità proprio tra giugno e i primi di settembre, periodo in cui vedono planare sui loro spazi inserzionisti sempre più convinti dalla loro continuità di programmazione. Su
Una delle spiegazioni (scuse o alibi che dir si voglia) solitamente addotta è che non ci sarebbero abbastanza inserzionisti interessati ad acquistare gli spazi. E vorrei vedere: se l’offerta rimane quella che è, neanche i listini competitivi messi a punto dalle concessionarie diventano allettanti. Di conseguenza, con meno pubblico e meno spot, le reti smobilitano. Con un facile luogo comune, si potrebbe dire che è il classico cane che si morde la coda. Anche perché, a fronte di una tv che va in letargo, ci sono mezzi come il web, fruibili in modalità mobile che continuano a fornire pure in vacanza una buona continuità a costi ridotti, e ci sono brand che – non avendo alternative valide – ripiegano finanche sull’affissione. Eppure, gli investitori chiedono alle reti di continuare ad attrarre le audience anche nei periodi in cui la platea è più circoscritta, magari puntando su contenuti più “targettizzanti”, mantenendo alto l’interesse dei profili più identificativi delle reti, al fine di poter pianificare con puntualità sul pubblico che effettivamente si trova davanti al televisore in quel periodo. Chiedono alla generalista di continuare a puntare sul suo “pane quotidiano”, gli eventi, magari creandone di nuovi, che facciano ricordare a un certo pubblico di sintonizzarsi sul canale. Superfluo stare poi qui a ripetere che le abitudini degli italiani in materia di vacanze sono mutate rispetto a quando è nata l’usanza estiva di serrare le saracinesche televisive. Superfluo ribadire che, come insegna ogni business, è la qualità dell’offerta a creare la domanda. Appunto…
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