Fatturato a -14% per la fiction
Il 2009 ha registrato, in termini di fatturato, il peggior risultato mai ottenuto, dal 2004, dal mercato italiano della fiction. Stando infatti allo studio della Fondazione Rosselli “Il futuro della fiction italiana nel contesto internazionale e il suo finanziamento” redatto da Iem, il comparto è passato dagli 858mln del 2008 ai 734mln del 2009, accusando un calo del 14%. Se si considera, inoltre, l’anno d’oro 2007, quando il fatturato era volato a 906mln di euro, l’ammanco supera i 170mln di euro. A incidere sul fatturato nazionale sono soprattutto 25 società che, da sole, assorbono l’83% del totale. Senza però – parrebbe – trarre troppo beneficio da questa posizione dominante: lo studio evidenzia una perdita di fatturato, tra il 2007 e il 2010, pari al 7%. Un calo che si è inasprito soprattutto tra il 2009 e il 2010 (-23%). Dall’analisi a periodo costante, si è stimato un fatturato medio per singola società pari a 6,9milioni nel 2009, contro i 9,9mln del 2007 (-12%). Tra le cause: la recessione, i crescenti tagli operati dai broadcaster, la delocalizzazione (solo questa avrebbe sottratto 100mln di euro) e l’assenza di una normativa che tuteli e incentivi la produzione. «Finora la Rai ha fatto tagli “a corpo” sforbiciando ora del 10% ora del 20%, intervenendo anche sui titoli in corso d’opera», commenta Fabiano Fabiani, presidente Apt. «Serve invece una metodologia condivisa, che entri nel merito dei singoli prodotti». Tra le idee avanzate, quella di prevedere dei bonus a seconda degli ascolti: «Bisognerebbe condividere i rischi e le opportunità imprenditoriali», propone Giovanni Stella, ad Telecom Italia Media, «oggi invece i produttori sono abituati a mollare i costi ai broadcaster ed è assolutamente irrilevante se la fiction vada bene o male». E se Mediaset invoca una maggiore industrializzazione del processo produttivo, la Rai annuncia il riassetto interno della fiction, approvato ieri dal Cda: «L’organizzazione di genere è l’unica che può far entrare in Rai un modello industriale», spiega Antonio Marano, «certamente stiamo chiedendo all’azienda impegni e sacrifici, ma soprattutto un’ottimizzazione del lavoro».
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