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Si è tenuto ieri, 29 novembre, a Roma l’incontro annuale Games Forum tra AESVI, l’associazione dei publisher di videogiochi, e le istituzioni italiane. Durante l’incontro, a cui ha partecipato anche l’on. Antonio Palmieri, in qualità di promotore, insieme alla senatrice Marilena Adamo, l’on. Giovanna Melandri, il senatore Maurizio Sacconi e il vice presidente della Camera Maurizio Lupi, l’associazione ha sottolineato le opportunità che un presidio del game development a livello nazionale, e la conseguente partecipazione dell’Italia alla crescita dell’industria globale, aprirebbero in termini di opportunità di crescita nel segmento delle nuove tecnologie, che poi possono agire da vettore imprenditoriale per i giovani. “Siamo convinti che l’Italia debba cogliere l’opportunità di affermare la propria competitività in un momento storico in cui è possibile assicurare alle nostre imprese un posto di rilievo nello scenario del game development internazionale con investimenti più contenuti che in passato”, ha dichiarato Andrea Persegati, presidente di AESVI, “Oggi l’industria videoludica italiana è orfana di qualsiasi tipo di contributo, sia pubblico che privato. Con il nostro impegno associativo ci auguriamo che si possa agevolare l’adozione di misure di sostegno da parte delle istituzioni e contemporaneamente identificare investitori che vedono nell’industria videoludica una fonte possibile di profitto. Il settore è pronto a cogliere la sfida, ora è sufficiente trovare il modo per mettere in moto il volano della crescita”. Attualmente, i principali poli del (costoso) sviluppo videoludico tradizionale sono concentrati in Paesi quali gli USA, l’Inghilterra, il Giappone e la Francia, con il Canada che ha investito moltissimo (proprio a livello istituzionale) nell’ultimo decennio per costruire, soprattutto nell’area di Montreal, un vero e proprio polo dello sviluppo videoludico, attirando alcuni dei maggiori publisher al Mondo. Il nuovo modello di sviluppo dai costi contenuti a cui fa riferimento AESVI (videogiochi mobile e online) deriva primariamente, oltre che da USA e UK, da Paesi del Nord Europa e dai Paesi in via di sviluppo dell’Asia, tra cui soprattutto Cina, India e Corea del Sud. In entrambi i casi lo sviluppo “made in Italy” ha molta strada da fare per recuperare il terreno perduto e, se l’Italia vuole davvero assicurarsi uno spazio nello scenario globale, non può permettersi di perdere altro tempo.
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