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280 milioni di euro di minori entrate per i canali ufficiali di noleggio e vendita di dvd, 100 milioni di perdita per le sale cinematografiche, pari a circa 18 milioni di spettatori. E il tutto nel solo 2010! Sono questi i dati, davvero sconvolgenti, contenuti nell’ultima ricerca Ipsos sulla pirateria audiovisiva nel nostro Paese. Cifre astronomiche, che su queste pagine gli esperti analizzeranno meglio di me.Quello che intendo commentare, a fronte di numeri di cotanta grandezza, è l’elemento politico che essi rappresentano. E che stavolta non riguarda le consuete fumoserie della “rieducazione del pubblico” a non usare supporti pirata. No. Quello che voglio sottolineare è l’incredibile comportamento di quanti, autori e attori soprattutto, hanno colpevolmente disertato la presentazione della ricerca affollata invece di produttori, distributori, industriali e giornalisti. Tale assenza – ripeto, non UNO dei tanti “faccioni” invitati si è fatto vedere neppure per un nanosecondo – pesa da oggi come un macigno su tutte le proteste che verranno per i tagli pubblici al mondo del cinema. Per una ragione semplicissima: e cioè (come ha ben spiegato Seydoux, il luminare degli studiosi francesi sul tema) la partecipazione attiva dei volti e dei talenti più amati e conosciuti di un cinema nazionale è efficacissima nella trasmissione, ricezione e soprattutto comprensione del messaggio “non usare prodotti piratati” perché ci e ti fai del male. Esattamente come per gli altri messaggi pubblicitari, anche quelli delle cosiddette “pubblicità progresso” hanno bisogno ancor più delle altre campagne del sostegno dei personaggi più conosciuti e amati, da Christian De Sica per la guida sicura in poi.Anche perché la posta in gioco è enorme: recuperare 100 milioni di euro vuol dire rifinanziare il Fus, almeno per il cinema. Cioè potersene fregare di questo o quel governo senza star lì a piangere cassa perché ci si sta impegnando nella battaglia per il recupero delle risorse rubate, alla lettera, dai pirati. Macché, troppa fatica. Meglio sfilare sui tappeti rossi (ad eccezione dei pochissimi che si sono sempre schierati su questo tema, come Carlo Verdone) come se si fosse in un film di Ejzenstein e l’auditorium il palazzo dello zar. Meglio chiedere al Governo, che anche se non ci sono soldi alla fine qualcosa dovrà pur tirar fuori, piuttosto che impegnarsi con una strategia di comunicazione: spot, affissioni, convegni e dibattiti nelle scuole per far capire al pubblico che la pirateria danneggia e indebolisce gravemente la nostra industria cinematografica. Fossi un produttore, dopo un’assenza tanto grave, pagherei i miei artisti solo a incassi avvenuti. Facendo cioè scontare anche a loro il costo del fenomeno con un buon 30 o 40% in meno sul cachet. E i pirati, è un bene ricordarselo, non si dimettono mai. Mica come i ministri.
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