Jobs, storia di un imprenditore

Sul certificato di morte di Steven Paul Jobs, scomparso il 5 ottobre scorso a Palo Alto in California, alla voce professione non c’è nessuna delle tante definizioni − genio, visionario, anticipatore dei tempi − profuse da potenti e fan di tutto il mondo per definirlo, ma un secco “imprenditore”. Già, perché, come ha avuto modo di dire Steve Wozniak, cofondatore insieme a Jobs della Apple, «a Steve piaceva trovare sempre i modi per far diventare i progetti un business. Parlava dell’importanza di fondare delle aziende per creare dei prodotti, e di come pochissime persone mandassero avanti il mondo. Lui voleva essere una di queste persone che fanno girare il mondo, non solo uno tra i milioni e milioni che non hanno voce in capitolo». Avere voce in capitolo, ecco una buona ragione per fare di un’azienda e di quel che produce un obiettivo di vita. E nel perseguirlo Jobs ha sempre giocato il tutto per tutto su di sé e sui talenti che andava selezionando lungo la via, senza aspettare che fosse lo Stato a sovvenzionare i suoi sogni. Pure quando i suoi prodotti non raggiungevano il successo sperato, aveva imparato a cadere e rialzarsi; finanche quando venne licenziato dalla sua stessa Apple (per esserne riassunto 13 anni dopo e riportarla ai fasti odierni), per riscattarsi tornò a fare impresa fondando la Pixar, la geniale società di digital animation oggi gioiello della Disney. A fare di lui il Jobs che conosciamo, è l’aver osato di pensare l’impensabile, l’aver saputo coniugare la più avanzata funzionalità tecnologica in oggetti dal design estremamente glam. A chi mai sarebbe venuto in mente di sfogliare un tablet? Think different era il suo motto, live different è l’eredità che lascia. Non solo a un’azienda a cui, prima che il cancro lo stroncasse, ha regalato in dote progetti per altri quattro anni di attività e i cui dipendenti avrebbe voluto vestiti tutti col suo amato dolcevita nero, per annullare le differenze e rafforzare lo spirito di squadra. Nemico del pensiero mainstream, non sottoponeva le sue creazioni, dall’iMac all’iPod, dall’iPhone all’iPad, ai focus group per evitare ogni influenza conformista. Ecco quel che ci piace del Jobs imprenditore. Dell’uomo Jobs si può dire che ha chiuso la sua vita con l’ultimo capolavoro, fare della morte un momento di suprema consapevolezza: «La morte è la più bella invenzione della vita» ebbe modo di sostenere a Stanford.
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