Editoriale Box Office

Rivista Abitare il bagno

Editoriale: più donne per un mercato più creativo e competitivo

Rappresentanza e rappresentazione. Sono queste le due parole chiave per scrivere il futuro delle donne del cinema italiano. Delle donne, ma non solo. Per un mercato più competitivo e creativo nel suo complesso, servono infatti, da un lato, una maggiore presenza di professioniste ai vertici delle società audiovisive; dall’altro, un diverso immaginario di personaggi femminili, dove le “lei” delle storie su grande schermo siano più protagoniste, più sfaccettate, più disobbedienti a certe attese consolidate della società. Per dirla con uno slogan un po’ tranchant, dobbiamo puntare a un mercato a regia più femminile, non solo con più donne dietro la macchina da presa, ma anche con più donne alla “regia” delle società che i film li producono, li distribuiscono, li promuovono, li proiettano nelle loro sale.

In Italia, si contano solo il 20% di donne dietro la macchina da presa (dato riferito al 2021; fonte MiC). Ancora troppo poche, ma un cambiamento è in corso, e i segnali si vedono. Tra gli ultimi esempi sparsi, la vittoria di Giulia Steigerwalt per la Miglior opera prima ai David di Donatello con Settembre, film prodotto da Lynn, divisione di Grøenlandia nata nel 2019 per dedicarsi esclusivamente alla realizzazione di progetti a regia femminile; ma anche Il colibrì, film dal budget importante affidato a Francesca Archibugi, o Romantiche, firmato da una delle poche autrice comiche italiane, Pilar Fogliati, o infine La chimera di Alice Rohrwacher, ancora una volta in Concorso a Cannes. Tornando invece alla “regia” delle società cinematografiche, come vi mostriamo nella cover story di questo numero, le professioniste del nostro mercato sono tante. Donne preparate che lavorano instancabilmente per contribuire alla crescita del settore. Al momento, però, non esistono dati esaustivi sul numero delle donne nei CDA delle aziende cinematografiche; sarebbe invece fondamentale averne, perché l’osservazione empirica ci dice chiaramente che, come del resto accade in molti ambiti, siamo ancora lontani dal 50% di Ceo e dirigenti donne. Ecco allora un primo passo da fare: iniziare a contare le donne, affinché le donne possano realmente contare.

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